Torna libero Antonino Vadalà, l'imprenditore calabrese di 46 anni noto anche con il soprannome di 'compare Nino'. In cella da quattro anni, ha lasciato ieri sera il carcere 'Lorusso e Cutugno' di Torino, dove era recluso, per effetto di una sentenza della Cassazione. La Corte Suprema ha accolto la richiesta dei suoi difensori, gli avvocati Carlo Morace e Pietro Bertone, e ha annullato con rinvio la condanna a sette anni e un mese per traffico di droga emessa nel dicembre 2020 dalla Corte d'appello di Venezia.

Agli agenti penitenziari ha fatto sapere che sarebbe tornato a Bova, suo paese d'origine in provincia di Reggio Calabria dove, secondo la direzione distrettuale antimafia, ha mosso i primi passi nella criminalità organizzata poco più che ventenne. Vadalà era stato arrestato nel marzo 2018 con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio e autoriciclaggio. Secondo l'accusa aveva creato, insieme ad altri componenti di una banda di matrice 'ndranghetista, dei canali commerciali leciti da utilizzare per l'importazione di droga dal Sudamerica. E avrebbe gestito singole operazioni di importazione, finanziando l'acquisto di stupefacente grazie a sue società.

Per lui le manette erano scattate in Slovacchia, dove poche settimane prima era stato fermato, e poi rilasciato, per l'omicidio di Jan Kuciak, il reporter trovato ucciso con la sua fidanzata Martina Kusnirova nella loro casa di Velka Maca, circa 65 chilometri a est della capitale Bratislava. Nei reportage del giovane giornalista sugli affari della criminalità organizzata italiana in Slovacchia, che provocarono un vero e proprio terremoto nel governo, sino alle dimissioni dell'allora premier Fico, compariva anche Vadalà.

E proprio i suoi presunti rapporti con la 'ndrangheta, da una parte, e dall'altra con alcuni esponenti del governo rivelati dalle inchieste di Kuciak, che lavorava per il sito web Aktuality.sk, portarono alle prime dimissioni nell'entourage del primo ministro. Un vero e proprio scandalo dal quale Vadalà e gli altri arrestati, tra cui il fratello Bruno e il cugino Pietro Catroppa, sono usciti puliti dopo un paio di giorni per l'assenza di prove per incriminarli formalmente per il duplice delitto. Pochi giorni dopo l'arresto per droga, l'estradizione e il trasferimento prima nel carcere di Rebibbia e poi in quello di Torino, da dove è stato liberato venerdì sera. In attesa di un nuovo processo e di una nuova sentenza.