L'ingresso di oggetti vietati all'interno del penitenziario profumatamente pagati. Poi al cambio di direzione dell'istituto, le lamentele: «Prima gli fanno fare tutto e poi si alzano la mattina e vietano le cose»
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«Appuntà qua comandiamo noi altri, comandiamo! Te appuntato, fai il portapacchi, apri, chiudi». Il carcere di Catanzaro come un hotel da cui sarebbe entrata e uscita droga, sim card e telefoni cellulari, smerciati all'interno dell'istituto penitenziario con il presunto favore di agenti e dei vertici dell'amministrazione.
In carcere come in hotel
A fornire lo spaccato della condizione di agio in cui si viveva all'interno del penitenziario catanzarese sono gli stessi detenuti. Chi a Catanzaro era stato ristretto racconta che al suo ingresso, Riccardo Gaglianese, ci aveva tenuto a fargli immediatamente sapere che se avesse avuto bisogno di un telefono o di sostanze stupefacenti poteva rivolgersi a lui. Ritenuto dagli investigatori promotore del sodalizio avrebbe sfruttato l'attività lavorativa che svolgeva all'interno del penitenziario, quale addetto alla spesa dei detenuti, per cedere dispositivi telefonici e sim card.
Il prezziario
«Al costo di 700euro si poteva ottenere uno smartphone idoneo ad effettuare le videochiamate; al costo di 250 euro si poteva ottenere un mini-telefono» è quanto si legge nelle carte dell'inchiesta che questa mattina ha portato all'arresto di 26 persone. Tra queste anche l'ex direttrice del carcere, Angela Paravati, che - secondo l'ipotesi - avrebbe appoggiato il sistema per garantirsi una agevole governabilità dell'istituto penitenziario e farlo apparire all'esterno come ben gestito. In poche parole, per assicurarsi «una agevole carriera».
«Si alzano la mattina e vietano le cose»
Tanto che il suo congedo dall'istituto penitenziario, avvenuto a settembre del 2022, non viene salutato dai detenuti con entusiasmo. È la compagna di Gaglianese ad esprimere il disagio per la nuova gestione: «Però qua è impostato male perché prima gli fanno fare tutto e poi si alzano la mattina e vietano di fare le cose che hai fatto per due anni, tre anni di fila, è impossibile» si sfoga.
L'assist degli agenti
«È venuto il direttore nuovo sta cagando la minchia in tutti i modi, ora fino alle undici e trenta mi tengono aperto al mattino e poi ci chiudono. Tutto il giorno chiusi» spiega il detenuto alla compagna. Cambia la musica all'interno del penitenziario dove fino a qualche tempo prima entrava di tutto. «Il procedimento attraverso il quale i telefoni venivano fatti entrare all'interno del carcere era molto semplice: Gaglianese con la complicità di un assistente della polizia penitenziaria faceva superare i controlli, entrare il telefono in carcere che poi veniva recapitato al destinatario».
Il traffico lucroso di oggetti vietati
Per il pagamento «il detenuto che voleva acquistare il telefono poteva versare la somma su una postepay intestata a un familiare del Gaglianese o a lui riconducibile; in alternativa, il detenuto che aveva già la disponibilità di un telefono da fare entrare in carcere lo faceva recapitare all'abitazione di Gaglianese, il quale con le modalità descritte lo faceva recapitare al detenuto al prezzo di 400euro».
Flussi di denaro
Un'attività particolarmente redditizia, secondo quanto riferito in conferenza stampa dal procuratore vicario Vincenzo Capomolla. Dalle analisi dei flussi di denaro condotte dal nucleo investigativo dei carabinieri di Catanzaro sulle carte prepagate riconducibili a Gaglianese sarebbero state rilevate ricariche per un valore di 48mila euro tra aprile del 2021 e ottobre del 2022. I presunti traffici illeciti avrebbero contemplato anche la cessione di tabacchi da smerciare all'esterno del penitenziario. A riferirlo al padre in visita è un altro detenuto. «Se li prendono tutti, costano 5,90 no. Tu gliele dai a 5 euro, quello guadagna 10 centesimi col monopolio. Qua guadagnano 90 centesimi».