L'ipotesi di reato formulata dal pm è concorso in abuso d'ufficio. Tra gli indagati il management dell'Azienda sanitaria provinciale e componenti della commissione esaminitrice
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Concorso in abuso d’ufficio. Questa l’ipotesi di reato formulata dal pm della Procura di Vibo Valentia, Benedetta Callea, nei confronti dei vertici dell’Asp e di tre componenti di una Commissione esaminatrice. Al centro dell’inchiesta che tocca i direttori dell’Azienda sanitaria provinciale vi è la vicenda del conferimento di incarico per cinque anni di direttore del Distretto sanitario unico dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo a Vincenzo Damiani, medico di 57 anni, di Serra San Bruno.
Gli indagati
Gli indagati sono: il direttore generale dell’Asp di Vibo Valentia, Angela Caligiuri, 63 anni, di Savelli (Kr); il direttore sanitario dell’Asp vibonese, Michelangelo Miceli, 64 anni, di Vibo Valentia; il direttore amministrativo dell’Asp, Elga Rizzo, 47 anni, di Catanzaro. In concorso con loro, l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio vede indagati anche i componenti della Commissione esaminatrice dell’avviso pubblico del 26 novembre 2016 (poi rettificato con avviso pubblico del 15 marzo 2017) per l’affidamento di incarico di direttore del Distretto sanitario unico provinciale (che ha sostituito i distretti di Vibo, Serra e Tropea) a seguito di espletamento del bando di gara che prevedeva la selezione da parte della Commissione di una terna di candidati da proporre al direttore generale dell’Asp per la scelta del vincitore, nonché in capo al candidato la sussistenza dei requisiti generali di ammissione quali l’assenza di procedimenti penali e requisiti specifici di ammissione, quali l’essere medico convenzionato da almeno dieci anni.
I commissari indagati sono: Salvatore Barillaro,57 anni, originario di Marina di Gioisa Ionica ma residente a Gallico; Sergio D’Ippolito,66 anni, di Crotone; Davide Matalone, 43 anni, di Mileto. Secondo l’accusa, tutti gli indagati in concorso fra loro avrebbero procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale a Vincenzo Damiani, individuandolo quale vincitore della selezione ed assumendolo nell’incarico con una delibera dell’Asp del 23 novembre 2017, nonostante si trattasse di soggetto incandidabile perché sottoposto a procedimento penale, nonché medico convenzionato da meno di dieci anni.
Il tutto in violazione, oltre all’articolo 97 della Costituzione italiana, anche delle Linee di indirizzo regionali dettate nel novembre del 2016 dal direttore generale del Dipartimento Tutela della salute e politiche sanitarie della Regione Calabria.
Gli indagati avranno ora venti giorni di tempo, dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, per chiedere al pm di essere interrogati o presentare attraverso i propri difensori (l'avvocato Bernardo Ceravolo) delle memorie difensive. Il direttore generale dell’Asp, Angela Caligiuri, è difesa dall’avvocato Francesco Muzzopappa. La vicenda della nomina di Vincenzo Damiani era stata al centro anche di una sentenza del giudice del Lavoro di Vibo Valentia, Ilario Nasso, che nel giugno scorso – accogliendo un ricorso di Anna Maria Renda, dirigente medico dell’Asp e già direttore del Distretto sanitario (assistita dagli avvocati Nicola Gasparro e Francesco Domenico Crescente) – aveva bocciato i criteri seguiti da Angela Caligiuri per arrivare alla designazione di Vincenzo Damiani. La motivazione della scelta era stata definita dal giudice del lavoro come “lacunosa” e per questo la delibera di incarico era stata annullata.
Secondo il giudice del Lavoro, la commissione giudicatrice non aveva prodotto - così come vuole la legge - una terna di candidati, ma un elenco di tredici persone in ordine alfabetico, con il direttore generale dell'Asp, Angela Caligiuri, che ha poi designato alla direzione del distretto uno dei candidati che non si era neppure collocato al primo posto in graduatoria ed era stato ammesso con riserva dalla commissione esaminatrice. Una nomina ritenuta "lacunosa" dal giudice, in quanto il direttore generale dell’Asp non avrebbe motivato tale scelta, per come invece prevedono le norme, né avrebbe spiegato come si è arrivati alla designazione a direttore del Distretto sanitario unico di una figura che era stata ammessa dalla commissione “con riserva”.