Se nel processo abbreviato di Kossa è stato depositato un verbale con una breve dichiarazione del collaboratore di giustizia, a Castrovillari le parole del ragazzo di Spezzano Albanese assumono una dimensione diversa
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La decisione di Luca Talarico, ragazzo originario di Spezzano Albanese, di collaborare con la giustizia è stato un segnale importante per la Dda di Catanzaro. Il cambiamento di ruoli, da presunto "amico" del clan di 'ndrangheta dei Forastefano a sostenitore della giustizia, ha decisamente mutato il quadro processuale di Kossa. Si tratta dell'indagine antimafia coordinata dal pubblico ministero Alessandro Riello, il quale, nel periodo Covid, aveva acceso i riflettori su quanto stesse avvenendo nella Piana di Sibari. Possiamo dire che Kossa sta a Testa di Serpente come Athena sta a Reset. Con ciò vogliamo dire che l'inchiesta del febbraio 2021, dedicata alle estorsioni e alle intestazioni fittizie di beni, è da leggere come un anticipo investigativo di quanto emerso in parte in Gentlemen 2 ma soprattutto in Athena.
Se nel processo abbreviato, arrivato alla fase del giudizio di secondo grado, la Corte d'Appello di Catanzaro si appresta ad emettere la sentenza, salvo imprevisti, a Castrovillari si sta celebrando il rito ordinario, dove sono imputati Alessandro Arcidiacono e Francesca Intrieri. E nel tribunale della città del Pollino, la pubblica accusa ha depositato un verbale illustrativo molto più corposo rispetto alla brevissima dichiarazione contenuta nel processo in corso di svolgimento nella città capoluogo di regione.
Le confessioni del pentito Luca Talarico
Nelle dichiarazioni rese agli investigatori, il pentito Luca Talarico ha detto di essersi intestato «l'azienda che porta il mio nome in qualità di prestanome della cosca Forastefano, in particolare nella persona di Pasquale Forastefano e Domenico Massa». Il collaboratore di giustizia ha poi aggiunto che «quanto alle trattative che condussero alla stipulazione del contratto di affitto, il 7 febbraio 2018, tra la mia azienda agricola» e quella di un'altra famiglia, «Alessandro Arcidiacono n'è stato l'ispiratore».
Dipendente dell'azienda
Secondo il pentito, l'imputato «era solo formalmente dipendente» dei titolari menzionati da Talarico ma in realtà sarebbe stato un soggetto che la famiglia Forastefano avrebbe gestito come credeva. «Egli eseguiva fedelmente tutti gli ordini che gli provenivano da Pasquale Forastefano e da suo padre, che come mi ricordate si chiama Domenico, quando questi era in libertà». Talarico ha inoltre indicato una cifra compresa tra 20 e 30mila euro che i Forastefano avrebbero promesso ad Arcidiacono «per la sua opera nelle trattative». Denaro tuttavia che, secondo il pentito, non sarebbe mai stato corrisposto all'imputato.
«Gli interessi della famiglia Forastefano
Il collaboratore Luca Talarico ha anche spiegato che l'imputato, assunto come ragioniere, avrebbe gestito l'azienda in cui lavorava in quanto i titolari non erano più in grado per motivi personali, di portare avanti l'attività agricola. «Pertanto costoro si affidarono integralmente ad Alessandro Arcidiacono, dandogli carta bianca nella gestione dell'impresa». Sempre secondo Talarico, l'imputato avrebbe fatto «esclusivamente gli interessi della famiglia Forastefano».
Infine, il collaboratore di giustizia Luca Talarico ha riferito che «quanto all'estorsione che si concretizzò in una maggiorazione artificiosa del prezzo della frutta, Alessandro Arcidiacono ebbe un ruolo fondamentale». Il pentito quindi lo accusa di essere stato l'ispiratore della presunta attività estorsiva, in quanto «né io, né Pasquale Forastefano e Domenico avevamo competenza tecnica in materia».