Non è il virus a preoccupare e nemmeno gli effetti collaterali, ma la solita organizzazione sanitaria che fa acqua da tutte le parti anche in una circostanza così delicata
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Le persone che ieri hanno ricevuto a Cosenza il vaccino dal lotto sequestrato ABV2856, distribuito in 249.600 dosi in tutta Italia, fino a questo momento stanno bene. Molti hanno accusato febbre, anche alta, nelle ultime ore, emicrania e dolori alle ossa, tutto nella norma.
Il problema dell'assistenza (che non c'è)
Il vaccino AstraZeneca, che contiene una parte di virus depotenziato, a differenza di Pfizer e Moderna che si basano sull’Rna messaggero, che potesse provocare dei sintomi simil-influenzali era noto e stranoto e non sono pochi quelli che, al di là di una lieve stanchezza, non hanno riportato alcun sintomo. Si tratta di effetti collaterali momentanei che regrediscono nel giro di poco tempo. Quindi niente di cui aver paura.
Quello che sicuramente non ha giovato alle tantissime persone, solo a Cosenza ieri sono state circa 130 le persone vaccinate all’ospedale militare di Vaglio Lise prima della brusca interruzione, è stata ed è la mancanza di comunicazione e assistenza.
Racconta un’insegnante, che ieri è stata tra le prime ad essere stata sottoposta a vaccino, che nessuno dell’Asp si è fatto vivo. Prima di sedersi e mostrare il braccio ciascuno ha dovuto consegnare un foglio, stampato a casa propria, di circa dieci pagine che conteneva anche le informazioni di contatto del paziente (pec compresa).
Alle dieci la professoressa era già a casa, tranquilla, e la notizia del sequestro del lotto sospetto l’ha appresa dai giornali qualche ora dopo. Nessuna comunicazione ufficiale (via telefono o per email o per pec) è arrivata nel corso della giornata da parte delle autorità sanitarie locali, nessuna avvertenza o consiglio o previsione di monitoraggio speciale è stata fornita. Niente di niente.
Solo in serata è arrivato ai giornali uno scarno comunicato in cui l'Asp informava che non si riscontrava alcuna situazione preoccupante nei pazienti inoculati. In soldoni: se nessuno ha chiamato per dire che sta male, allora sta bene.
Il solito cortocircuito comunicativo
Ma sono in molti a lamentarsi che ai numeri forniti dall'Asp (segnalati agli ingressi del centro vaccinale) in realtà non risponda nessuno. «Alcuni colleghi hanno chiamato perché erano spaventati, avevano la febbre, volevano notizie e volevano sapere come comportarsi, se prendere dei farmaci o aspettare, ma a loro nessuno ha risposto».
Dunque ci risiamo. Il cortocircuito è servito. Si organizzano le vaccinazioni, si forniscono numeri per prenotazioni e assistenza, poi comincia il balletto dei centralini e se va bene risponde qualcuno che dice di chiamare altrove.
«Ognuno - ci racconta una professoressa - sta facendo per sé, chiede consiglio al farmacista di fiducia o al medico di base». Insomma il problema non è la questione sulla sicurezza del vaccino ma l’efficienza del sistema che ci gira intorno e che dovrebbe garantire, specie in momenti critici come questo, assistenza costante e completa.
«Turbato ma felice di essermi immunizzato»
Uno dei docenti, protagonista suo magrado del caso AstraZeneca, nonostante qualche comprensibile timore difende a spada tratta la campagna vaccinale. «Ieri mattina dopo la somministrazione ero felicissimo e ancora adesso quella felicità riesce ad attenuare lo sconforto dopo aver capito che la mia dose apparteneva al lotto bloccato. È stato giusto bloccare il lotto perché in questi casi la cautela non è mai troppa. Ma si tratta, è bene sottolinearlo, di una sospensione cautelativa che non significa assolutamente che quel lotto provoca gravi effetti».
I vaccini restano l’unica arma a disposizione per vincere la corsa di un virus che rischia di mutare troppo in fretta per stargli dietro, ma quello che lascia l’amaro in bocca è dover confermare, ogni giorno, come il vero problema sia un sistema sanitario che ancora non ha capito bene cosa fare e come farlo.
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