Pacta sunt servanda, ovvero gli accordi devono essere rispettati. Lo scrisse Ulpiano circa 1800 anni fa, non sapendo che a un paio di millenni di distanza in Calabria sarebbero nate le Asp e quella sua affermazione, caposaldo del diritto civile e internazionale, per le aziende sanitarie non avrebbe avuto alcun valore finché un tribunale non avesse ricordato loro che la massima era ancora valida e non averla rispettata sarebbe costato ai contribuenti più del doppio del dovuto. È successo spesso nell'Asp di Cosenza, che, a furia di ritardare i pagamenti dei suoi debiti, finisce per sborsare interessi che superano le somme inizialmente dovute ai creditori con esborsi di centinaia di migliaia - se non milioni in alcuni casi - di euro che si potevano utilizzare invece per garantire gli agognati Lea. L'ultimo, emblematico, caso riguarda il laboratorio Borzì di Fuscaldo, da quasi quindici anni in attesa di ricevere quanto gli spettava per prestazioni effettuate negli ormai lontani 2006 e 2007.

I crediti di 15 anni fa

La querelle tra le parti inizia quando, nel 2007, Borzì chiede all'Asp circa 210mila euro per prestazioni extrabudget erogate nell'annata precedente. Sono anni in cui il sistema sanitario regionale sigla contratti con le strutture convenzionate – come, appunto, il laboratorio in questione - nei quali si ammette il pagamento integrale delle prestazioni non previste inizialmente, purché le aziende sanitarie non sforino i loro tetti di spesa. È il caso dei 210mila euro appena citati, ai quali se ne aggiungono altri 155mila circa dodici mesi dopo. Ma l'Asp quei soldi si rifiuta di pagarli e a nulla valgono i tentativi del laboratorio di ottenerli come stabilito negli accordi sottoscritti.

L'Asp rifiuta l'arbitrato

Gli avvocati Valeriano Greco e Marcello G. Feola, nominati da Borzì per cercare una soluzione, scrivono lettere, sollecitano l'azienda sanitaria, piantano le tende in via Alimena per ottenere risposte. Invano. Chiedono di dare il via a un arbitrato, come previsto dal contratto stipulato e fatto da altre strutture che si ritrovano nelle stesse condizioni. La loro richiesta, al contrario di altre, però viene respinta dall'Asp, che vuole invece che sia un giudice ordinario a stabilire chi abbia ragione. Nel frattempo è passato un decennio e altri tre anni, caratterizzati da tantissimi cambiamenti ai vertici dell'Azienda sanitaria e pochissime assunzioni di responsabilità oggi nel mirino della Procura, ne passeranno ancora prima della apparente conclusione della vicenda.

L'ordinanza ignorata per mesi

La causa si svolge nel Tribunale di Paola, inizia nel 2017 e dura quasi tre anni. La conclusione? La magistratura riconosce a Borzì non solo i 365mila euro iniziali, ma anche gli interessi accumulati da febbraio del 2007 al soddisfo e le spese sostenute per il riconoscimento del credito. L'ordinanza è di febbraio 2020, l'atto diviene esecutivo a fine maggio e viene notificato all'Asp una settimana dopo. Di pagamenti, però, non si vede l'ombra per tutto il resto dell'anno e al laboratorio non rimane che rivolgersi al Tar. Non prima di aver proposto per l'ennesima volta all'Azienda sanitaria di chiudere la questione bonariamente con una transazione senza doversi ritrovare in aula.

La rinuncia pur di chiudere in fretta

L'offerta – ribadita con più pec fino ai primi di febbraio di quest'anno - è di non coinvolgere più anche la giustizia amministrativa e rinunciare agli interessi che si accumuleranno dal 1 gennaio 2021 in poi (più o meno 32mila euro ad oggi, che si sarebbero aggiunti alle somme già spettanti fino a San Silvestro dell'anno scorso) e anche Greco e Feola si dichiarano favorevoli a non pretendere parte dei loro compensi. Un ennesimo sacrificio – oltre a quelli fatti in passato per compensare alle inadempienze dell'Asp - purché si chiuda la partita al più presto. E pure un modo per far risparmiare ai contribuenti - oltre alle cifre appena riportate, destinate a crescere a dismisura visti i tempi della giustizia e della pubblica amministrazione italiana - i costi di eventuali commissari ad acta che facciano rispettare l'ordinanza del Tribunale di Paola e ulteriori spese legali.

Il debito più che raddoppiato

Pochi giorni fa, il 18 febbraio, la risposta dell'Asp a firma del commissario straordinario La Regina. Il nuovo numero uno di via Alimena, su suggerimento del direttore dell'Ufficio legale Brogno, delibera di accettare l'offerta di Borzì, Greco e Feola e che ai pagamenti si provveda «con urgenza». Le somme, al momento della pubblicazione di questo articolo, non risultano ancora accreditate agli interessati. Il credito vantato in origine era di circa 365mila euro, adesso l'Asp dovrà sborsarne quasi 765mila. E solo grazie alla buona volontà dei titolari della struttura e dei loro legali, altrimenti la cifra sarebbe stata ancora più alta. Quanti di quei 400mila euro in più si potevano risparmiare, utilizzandoli invece per offrire servizi ai cittadini? Una domanda che all'Azienda sanitaria in molti non si saranno posti. Tanto paga Pantalone, ossia i calabresi.

giuliani@lactv.it