In merito all'articolo "Reggio Calabria, ex assessore pentito accusa Nicolò: «Appoggiato da clan Serraino»", riceviamo e pubblichiamo la seguente riflessione degli avvocati Corrado Politi e Renato Milasi, difensori dell'ex consigliere regionale Allessandro Nicolò

«Quali co-difensori  dell’on.le Alessandro Nicolò, attualmente ristretto in carcere perché imputato di associazione di stampo mafiosa, riteniamo doveroso proporre tramite la Sua cortesia all'ampia platea dei lettori un commento a margine dell'articolo su foglio elettronico apparso la settimana scorsa a proposito delle dichiarazioni del collaboratore Vecchio Sebastiano.

Si intenda bene, questa non è una richiesta di rettifica e nemmeno una censura alla divulgazione degli estratti delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Sebastiano Vecchio, disponibili appena quattro giorni fa, ma un tentativo oggi più che mai necessario, ma per tutti ed in via generale, di dare un assetto al processo mediatico, che dovrebbe diventare "giusto" così come, a seguito della riforma del dettato costituzionale è stato, ma solo ancora tendenzialmente, disposto quale fondamentale canone al quale deve improntarsi ogni processo penale.

Le affermazioni riportate nel pezzo di stampa, nel titolo e nell’occhiello, danno per sicuro che l’on.le Nicolò abbia beneficiato nel suo percorso politico dell’appoggio di ben individuati settori della criminalità organizzata, mettendo a disposizione il suo ruolo istituzionale conquistato con questi asseriti supporti e appoggi.

Ed allora, coerentemente al ritenuto già sicuro, il collaboratore avrebbe dovuto elencare le utilità di ritorno che sarebbero state promesse o garantite o prestate ai sostenitori; e di questo nel narrato del dichiarante non c’è neanche pallida traccia, anche perchè non è stato nemmeno sollecitato dagli inquirenti ad esporre tale fondamentale dettaglio.

Ed ancora, allorché si menziona, l’ "assunzione" del sig. Pasquale Repaci nello staff del politico, illazionando che si sia trattato di scambio di favore perché questi era legato in via di affinità, ma neanche tale, con un boss mafioso, forse sarebbe stato utile far conoscere che a tale incarico aspirava fortemente il suddetto Vecchio Sebastiano, già poliziotto in servizio, che trasferito per motivi disciplinari a Venezia, sede di lavoro lontana dai suoi interessi e che ovviamente non voleva raggiungere, pretendeva di essere comandato o distaccato presso la Regione Calabria, operazione che era vietata dalla legge, allora, potendosi soltanto accreditare nel ruolo presso la detta struttura soltanto i già dipendenti regionali, quale era da oltre venti anni appunto il soggetto che vi fu aggregato, rimasto peraltro immune da sospetti di correità di sorta.

Altrettanto utile sembra sottolineare che l’affissione sulla vetrina di un supermercato in San Sperato di un manifesto pubblicitario del candidato Nicolò Alessandro, in disparte della suggestione che tale esposizione rappresentasse un segno "plateale" di sostegno elettorale nel territorio in ragione della presunta caratura mafiosa del titolare dell’esercizio commerciale, tale "rafforzato" epifenomeno potrebbe essere meglio intravisto e compreso qualora fosse noto che la rimozione da parte dei Carabinieri del manifesto, ma non solo di quello, fu fatta a seguito di vibrata denuncia all’Arma, ed anche alla Polizia Municipale, del dott. Alessandro Nicolò, che richiese un immediato intervento di legalizzazione generale della pubblicità murale, appunto per non incorrere nelle sanzioni dell’affissione abusiva degli strumenti di propaganda al di fuori degli spazi comunali consentiti. E del resto, nulla sembra opportuno qui aggiungere, perché ogni altra censura va riservata alla sede propria dello scrutinio giudiziario complessivo della condotta incriminata».