Adriano Raso era tornato da qualche anno da Cortina d'Ampezzo e aveva costruito un ristorante a San Giorgio Morgeto e assunto la gestione dell'Uliveto principessa a Cittanova. Ha fatto il nome di chi gli chiedeva il pizzo prima di morire di Covid lo scorso anno
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Aveva passato 20 anni a Cortina d'Ampezzo «a spaccarsi la schiena di lavoro», come dice chi lo ha conosciuto, prima di decidere di tornare e investire nella sua terra. Una terra complicata e piena di problemi, Adriano Raso lo sapeva, ma questo non lo aveva fermato. L’imprenditore di San Giorgio Morgeto era tornato nella sua Calabria e costruito da zero Il castello degli dei a San Giorgio Morgeto, dopo aver costituito una società con i suoi fratelli. In seguito aveva preso in gestione l’Uliveto principessa, la grande struttura alberghiera dal passato tribolato e da anni sotto amministrazione giudiziaria.
Un sogno imprenditoriale infranto, ancor prima della morte per Covid sopraggiunta lo scorso 18 settembre, dalle presunte richieste estorsive dei fratelli Domenico e Salvatore Facchineri. La risposta di Adriano Raso, però, era stata immediata. Prima della pandemia, infatti, aveva deciso di non sottomettersi più a quel ricatto ed era andato a denunciare tutto ai carabinieri della compagnia di Gioia Tauro. Una denuncia messa nero su bianco che aveva permesso ai militari dell’Arma di dare il via all’indagine sotto il coordinamento della procura antimafia di Reggio Calabria, chiusa questa mattina con l’arresto di cinque persone.
Raso avrebbe raccontato ai carabinieri e ai magistrati che i Facchineri si erano avvicinati imponendogli di acquistare prodotti alimentari e bevande da una società di fatto gestita dai capi del clan. Questo però non era bastato: subito dopo lo avrebbero anche costretto a pagare la protezione (da loro stessi), attraverso l’imposizione del pizzo o di assunzione del personale all’interno dei due ristoranti.
Adriano Raso aveva raccontato tutti agli inquirenti, non solo per un senso di giustizia, ma anche per i suoi tre figli e sua moglie. A distanza di sei mesi dalla sua morte lo Stato, partendo da quella denuncia, ha messo in galera i suoi presunti aguzzini. Un giorno che Adriano avrebbe voluto assaporare, se il Covid non se lo fosse portato via a soli 47 anni.