Come primo atto della sua collaborazione con la giustizia salvò la vita al capo della ‘ndrina rivale e così impedì che la città di Vibo Valentia vedesse scorrere fiumi di sangue seguendo la logica della faida. Dopo Andrea Mantella – definito dal pool di Nicola Gratteri come «il più importante tra i collaboratori di giustizia», un «vero e proprio boss e punto di riferimento per alcuni tra i più efferati gruppi di ‘ndrangheta presenti sul territorio» - altra figura chiave dell’indagine “Rinascita Scott”(I NOMIè Bartolomeo Arena.

I dettagli dell’operazione Rinascita Scott

Figura emergente tra i ranghi dei cosiddetti “Ranisi”, Arena – parlando ai magistrati di Catanzaro sin dal 18 ottobre scorso e grazie al tempestivo intervento dei reparti dell’Arma dei carabinieri – ha di fatto evitato il deflagrare di una guerra di mafia: rivelando il progetto omicidiario ordito dal suo gruppo d’appartenenza nei confronti del capo del clal rivale, Rosario Pugliese detto “Cassarola”.

L’arsenale scoperto a Piscopio


Appena due giorni dopo, infatti, i militari dello Squadrone cacciatori e della Compagnia di Vibo Valentia recuperarono in un casolare di Piscopio l’arsenale del gruppo capeggiato da Francesco Antonio Pardea, del quale Filippo Di Miceli (arrestato in flagranza) era il custode. In quella santabarbara – spiegò Arena – c’erano le armi che Marco Ferraro e Filippo Grillo avrebbero dovuto utilizzare per l’agguato, pianificato per vendicare la scomparsa per lupara bianca di uno zio omonimo di Pardea, sospettato a sua volta di aver preso parte alla sparizione, nel lontano 1983, di Cecchino Pugliese, fratello di Rosario.

Grazie, pertanto, alla decisione di Bartolomeo Arena di collaborare con la Dda si evitò questo agguato e che Vibo ripiombasse le vortice del sangue e del terrore che negli anni ’80 segnò per sempre la storia della città.