La Guardia di finanza - nelle sue componenti specialistiche e investigative del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, del Nucleo speciale Polizia valutaria e del Comando provinciale Reggio Calabria - dalle prime ore di stamattina ha dato esecuzione in Calabria e in Campania, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica reggina, diretta da Giovanni Bombardieri, al provvedimento con cui è stata disposta nei confronti del noto imprenditore Alfonso Annunziata (76 anni) l’applicazione delle seguenti misure di prevenzione, personali e patrimoniali: sorveglianza speciale per la durata di tre anni, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza o di dimora abituale; la confisca del patrimonio allo stesso riconducibile, dato dal compendio aziendale di 2 imprese, dalle quote di 4 società di capitali e di una società di persone, 85 unità immobiliari, 46 rapporti finanziari personali e aziendali nonché di denaro contante per quasi un milione di euro, il tutto per un valore stimato pari a circa 215 milioni di euro.

L’operazione Bucefalo

Tale provvedimento si fonda sulle risultanze acquisite a seguito dell’operazione “Bucefalo” nell’ambito della quale, nel mese di marzo 2015, Alfonso Annunziata era stato raggiunto da un’ordinanza della custodia cautelare in carcere.

Proprio in relazione a tali vicende, si stanno celebrando in questi giorni presso il Tribunale di Palmi le fasi finali del processo che vede costui imputato per il reato, tra gli altri, di cui all’art. 416-bis c.p., in quanto ritenuto partecipe alle attività illecite di una cosca di ‘ndrangheta operante sul territorio della provincia di Reggio Calabria. In particolare, come evidenziato nella anzidetta ordinanza, l’uomo «non è un imprenditore vittima, non è stato e non è costretto a favorire la cosca. Al contrario, è un soggetto storicamente legato ai componenti di vertice della famiglia Piromalli, da Don P. cl. 21 fino a P. P. cl. 45 (…) ed è, dunque, un soggetto intraneo che si presta da oltre venti anni, volontariamente e consapevolmente, al perseguimento degli scopi imprenditoriali ed economici della predetta cosca, così creando e sviluppando, nel tempo, solide cointeressenze economiche, accompagnate da ingenti investimenti commerciali nel territorio di Gioia Tauro (un esempio per tutti la realizzazione del parco commerciale Annunziata). Annunziata, in definitiva, è da ritenere partecipe della cosca, rappresentandone (…) il “cuore imprenditoriale”».

I legami con i Piromalli

È emersa, quindi, l’esistenza di un indissolubile rapporto di cointeressenza economico-criminale tra Alfonso Annunziata e la cosca Piromalli, che sarebbe nato sin dalla prima metà degli anni ’80 e si sarebbe definitivamente sviluppato tra la fine del medesimo decennio e i primi anni ’90, proseguendo ininterrottamente fino all’attualità. La risalenza nel tempo del rapporto di contiguità con la cosca Piromalli ha trovato riscontro in dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia nonché nella complessa e articolata attività investigativa svolta dagli investigatori della Guardia di finanza, anche mediante intercettazioni telefoniche e ambientali. Sintomatica dello stretto rapporto di contiguità è la conversazione, captata in modalità ambientale, in cui Annunziata, dialogando all’interno della propria autovettura con la moglie D. e passando davanti a una proprietà della famiglia Piromalli nei pressi del cimitero di Goia Tauro, raccontava alla propria consorte di quando si era più volte recato a trovare “Peppe il vecchio” quando quest’ultimo - all’epoca latitante (già ricercato nel luglio 1979 e tratto in arresto nel 1984) - si trovava all'interno di una baracca a giocare a carte con altri amici.

«Punto di riferimento per le attività economiche della cosca»

Annunziata, pertanto, sarebbe stato un punto di riferimento fondamentale per le attività economiche della cosca Piromalli, svolgendo anche il ruolo di “garante ambientale” per gli imprenditori interessati a operare presso l’omonimo centro commerciale, che a lui si rivolgevano nella consapevolezza del suo collegamento con la citata cosca. Il Tribunale reggino ha così potuto supportare, sulla scorta delle risultanze investigative, tanto il profilo della pericolosità sociale “qualificata” (per fatti di mafia) del proposto quanto l’origine illecita dei fondi investiti nella “impresa mafiosa”, sulla scorta della sproporzione tra gli investimenti effettuati nel tempo e le sue potenzialità economiche, essendo stato accertato come l’uomo godesse di ingentissime disponibilità finanziarie del tutto non in linea con i redditi dichiarati.

La confisca

Proprio sotto il profilo della disponibilità di beni, gli inquirenti non solo hanno individuato gli asset patrimoniali di cui Alfonso Annunziata era titolare ma hanno anche raccolto dati oggettivi e concreti per poter ritenere che il proposto, al di là della loro formale intestazione, ne fosse l’effettivo dominus. Nel dettaglio, in esecuzione del decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria è stato confiscato ad Alfonso Annunziata e al suo nucleo familiare il seguente patrimonio:

intero patrimonio aziendale della ditta individuale Annunziata Alfonso, con sede legale in Gioia Tauro (RC) e unità locale in Vibo Valentia, S.S. 18 - località Spoletino;

intero patrimonio aziendale della Annunziata S.r.l., con sede legale in Gioia Tauro (RC), ivi incluso il noto centro commerciale Annunziata” di Gioia Tauro (RC);

quote societarie della Annunziata S.r.l., della Annunziata group S.r.l., della S. S.p.A., della G. S. S.r.l., tutte con sede legale in Gioia Tauro (RC), e della C. A. DI A. A. & C S.n.c., con sede legale in San Giuseppe Vesuviano (NA);

85 beni immobili, tra ville, appartamenti, locali commerciali e terreni, siti nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Napoli;

46 rapporti finanziari personali o aziendali;

denaro contante, per un importo pari a quasi un milione di euro.