Cancellate da decenni, ma ancora ottime per accampare diritti non dovuti: ci sono finite, loro malgrado, anche le ex confraternite religiose del paese nel vortice di interessi e malaffare costruito (letteralmente) tra i cipressi del cimitero di Cittanova, nel reggino. Protagoniste del panorama culturale e religioso della cittadina della Piana per buona parte del secolo scorso, le confraternite (Sacra famiglia, Preziosissimo sangue del redentore, San Rocco, I e II Santissimo) riservavano per i proprio affiliati una serie di loculi cimiteriali custoditi in alcune cappelle presenti nel cimitero di Cittanova. E proprio quelle cappelle, in cui negli anni erano state tumulate più di 700 salme, rappresentano il “salto di qualità” per gli indagati, che del cimitero avevano fatto la propria “riserva”. Un gioco sporco che, costruito con i crismi di una vera e propria speculazione edilizia, vedrebbe coinvolti anche un  paio di parroci che di quelle cappelle – e dei relativi loculi rimessi arbitrariamente in vendita – si sarebbero appropriati a suon di autocertificazioni false.

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Le confraternite sciolte nel 2007 e il ruolo del parroco

Inattive da decenni, le confraternite di Cittanova furono sciolte definitivamente, con atto ufficiale dell’allora vescovo della diocesi Bux, nel lontano 2007. Lo stesso atto prevedeva contestualmente la restituzione delle cappelle mortuarie di cui le stesse confraternite erano concessionarie al Comune di Cittanova. Ed è qui che i conti cominciano a non tornare.

Incurante della decisione della Curia infatti, don Giuseppe Borelli – finito agli arresti domiciliari – non solo non avrebbe mai restituito gli edifici al Comune ma, grazie ad una serie di autocertificazioni regolarmente protocollate in municipio, avrebbe ordinato lavori di ristrutturazione propedeutici alla vendita dei loculi stessi, messi sul mercato dietro corrispettivo di una “offerta volontaria” che poteva arrivare anche a 3000 euro per ogni posto: una tariffa più di due volte superiore alle quelle previste dai regolamenti cimiteriali. Una vera e propria speculazione cucita sulle spalle dei parenti dei defunti (che quei loculi li hanno comprati senza averne diritto), del comune di Cittanova (che vanta, in totale, mancati introiti per oltre 3 milioni di euro) e delle salme di chi in quelle cappelle era stato seppellito anni fa e i cui resti, in molti casi, sono andati perduti per sempre.

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I lavori di ristrutturazione delle cappelle

Alla base della presunta speculazione, ci sarebbero una serie di lavori di ristrutturazione delle cappelle stesse, eseguiti con il metodo del “silenzio-assenso” del Comune. «Nonostante quanto disposto da Monsignor Bux – scrive il Gip nella monumentale ordinanza che ha portato ai 16 arresti di venerdì – in data 4 marzo 2014, don Giuseppe Borelli aveva presentato una Scia (certificato di inizio attività) per la manutenzione straordinaria della cappella della confraternita “Preziosissimo Sangue Cristo Redentore”». Un atto illegittimo visto che la stessa cappella era stata formalmente restituita al Comune; un atto illegittimo reso possibile dal fatto che don Borelli si era autoqualificato «concessionario della cappella della Confraternita pervenuta alla stessa parrocchia che ha ereditato».

Due anni più tardi, siamo nel 2016, è la volta della cappella riconducibile alla confraternita di San Rocco. Per eseguire i lavori, don Borelli avrebbe in questo caso consegnato agli uffici comunali una dichiarazione di titolo di possesso in cui si sottolineava che «i diritti della confraternita di San Rocco a Cittanova sono a capo della omonima parrocchia» richiamando nello stesso documento, anche una legge del 1985 che regola le disposizioni sugli enti e i beni ecclesiastici  e proclamandosi «concessionario incaricato».

L'intervento del sindaco nel 2019

Un gioco sporco che sarebbe andato avanti per anni e che avrebbe riguardato anche le cappelle riconducibili alla confraternita della “Sacra famiglia” se non ci fosse stato, nel 2019, l’intervento diretto del sindaco Cosentino, che di quei lavori non era stato nemmeno informato. Una speculazione che avrebbe interessato anche un secondo parroco, don Salvatore Giovinazzo che, dicono le carte, si sarebbe «autoqualificato come concessionario» per i lavori di ristrutturazione delle cappelle della confraternita del Rosario: operazioni che risalirebbero al 2011 e che sono state dichiarate prescritte dal Gip e quindi stralciate per l’archiviazione.