I maxi processi non sono (ancora) a rischio. Ma il pericolo di un vero “default organizzativo” – con conseguenze allo stato imprevedibili – è dietro l’angolo. Da Vibo Valentia si leva un campanello d’allarme fortissimo che, a Palazzo dei Marescialli, in queste ore, avrebbe suscitato in più di un togato un forte moto di preoccupazione. Il presidente del Tribunale di Vibo Valentia, Antonio Di Matteo, ha infatti presentato un dossier dettagliatissimo attraverso cui fotografa la situazione della pianta organica e chiede di essere audito al più presto affinché possa personalmente rendere edotti i membri delle varie commissioni sui problemi legati alla gestione dei procedimenti in corso.

La richiesta di audizione è stata inoltrata all’attenzione non soltanto del Csm (facendo balzare dalla scrivania qualche membro), ma anche del ministro della Giustizia Marta Cartabia, del presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, e della sezione di Catanzaro dell’Associazione nazionale magistrati.

Cosa c’è scritto nelle carte? In sintesi ciò che gli organi di stampa, in maniera ciclica, vanno ripetendo da tempo: al Tribunale di Vibo Valentia servono rinforzi su quasi ogni fronte affinché le garanzie procedurali che sino ad oggi sono state assicurate al prezzo di enormi sacrifici personali non vengano vanificate da carenze di organico ampiamente denunciate da oltre un anno e potenzialmente destinate, in futuro e se non sanate, a mettere in ginocchio il sistema giustizia nel territorio.

Vicenda presa sotto gamba

A ricevere il carteggio inviato dal presidente Di Matteo sono state la Terza, la Quinta e la Settima Commissione. È da questi organismi in particolare che si attende una presa d’atto e una conseguenziale determinazione in ordine alle richieste pervenute dal Tribunale di Vibo Valentia. Richieste che traggono origine dai seguenti e lapalissiani dati di fatto: attualmente, nell’aula bunker di Lamezia Terme è in corso il processo più importante e numericamente più grande in Italia, Rinascita Scott.

Si tratta, com’è noto, della maxi inchiesta antimafia contro le cosche di ‘ndrangheta vibonesi, istruita dalla Dda di Catanzaro, nel dicembre del 2019, che oggi vede imputate 345 persone. Accuse gravissime quelle da provare in aula, dove l’impegno di magistrati, avvocati, giudici, cancellieri e forze dell’ordine è al massimo delle possibilità di ognuno. Si fanno anche cinque udienze a settimana, visto l’altissimo numero delle contestazioni e delle persone (oltre mille) che sono chiamate a testimoniare dinanzi al collegio giudicante. Rinascita Scott, in poche parole, ha assorbito tutto il lavoro organizzativo del tribunale di Vibo Valentia che, oggi più che mai, rischia la paralisi amministrativa e processuale.

Il Csm però sapeva

Il Consiglio superiore della Magistratura era informato da tempo su quanto avviene nel profondo Sud, dove l’emergenza criminalità organizzata viaggia di pari passo con la grave carenza di personale di giudici, pm e personale amministrativo. Una situazione, però, ormai non più tollerabile che mette a dura prova il corretto prosieguo delle attività. A Vibo Valentia, infatti, il quadro è molto complesso e i procedimenti penali Rinascita Scott e Petrolmafie, nonché l’ultimo conclusosi da pochi mesi, Rimpiazzo, hanno mandato in sofferenza il Tribunale.

Le segnalazioni a Palazzo dei Marescialli su quanto poteva accadere (o rischia di accadere) erano giunte già nel 2021, con la richiesta di inviare nuovi magistrati in organico per sopperire alle mancanze già evidenziate in altri documenti depositati nelle varie commissioni del Csm. Insomma, c’erano e restano tante criticità che il Consiglio uscente e ovviamente anche il prossimo dovrà affrontare.

Criticità che riguardano il trasferimento di ben sei magistrati, andati via in tempi brevissimi, non potendo garantire neanche l’ordinaria attività giudiziaria nonostante fossero giunte al Consiglio superiore della magistratura diverse istanze di posticipato possesso delle nuove funzioni nei tribunali individuati proprio da parte di chi aveva chiesto e ottenuto di andare via da Vibo Valentia.

Altro tema da evidenziare è che l’attuale collegio giudicante di Rinascita Scott, è stato esonerato da altre attività, ma è necessario considerare che uno dei giudici, Gilda Romano, è stata trasferita a Catanzaro, e cosa paradossale, oggi si trova applicata al processo in corso a Lamezia Terme. In sostanza la sezione penale del Tribunale di Vibo Valentia, ad oggi, è affidata solo a un giudice, coadiuvato da un magistrato extradistrettuale applicato e dai colleghi del civile, oppure dai giudici onorari di pace.

E in cancelleria è vera emergenza

E il settore della cancelleria sta meglio? Assolutamente no. Nel dossier inoltrato da Di Matteo è presente anche un capitolo dedicato a questo aspetto. Nel giro di un anno sono aumentate di colpo le udienze, a causa proprio dell’avvio dei maxi procedimenti penali Rinascita Scott e Petrolmafie. Anche in questo settore si sono registrati nel corso del tempo trasferimenti che hanno indebolito la cancelleria penale del Tribunale di Vibo Valentia al punto da non risultare quasi più gestibile la mole di lavoro che deve essere prodotta necessariamente per questi processi e gli altri, a fronte della mancanza non solo di un dirigente amministrativo, ma soprattutto di ben tre direttori di cancelleria su quattro previsti in pianta organica.

Le ultime novità complicano il quadro

L’attualità invece non porta liete novelle. Le criticità sin qui evidenziate sono solo una parte del problema, perché dopo la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro, in sede di rinvio, di accogliere il ricorso presentato dall’imputato Giuseppe Accorinti, presunto boss della ‘ndrangheta vibonese, contro due giudici – entrambi ricusati perché avevano già espresso un giudizio di merito nei suoi riguardi – il Tribunale di Vibo Valentia è stato costretto ad applicare al processo separato un altro giudice, Gianfranco Grillone, la cui permanenza è temporanea e il Csm, in tal senso, dovrebbe assumere provvedimenti urgenti per garantire la prosecuzione dibattimentale.

I giudici di secondo grado, nel caso di Accorinti, hanno anche dichiarato inefficaci gli atti istruttori compiuti nei suoi confronti a partire dal marzo 2021 e questo potrebbe ripercuotersi su altre posizioni processuali, qualora le successive richieste fossero accolte dagli organi preposti. Senza dimenticare, riavvolgendo il nastro, che Rinascita Scott, prima dell’inizio, aveva subito già uno scossone con l’astensione del giudice Tiziana Macrì, presidente della sezione penale del Tribunale di Vibo Valentia, a seguito della richiesta di ricusazione avanzata dalla Dda di Catanzaro, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri.

E l’altra questione che tiene banco a Vibo Valentia, sempre gli ambienti giudiziari, è quella relativa alla posizione di Luigi Mancuso, detto il “Supremo”, il quale ha ottenuto lo stralcio dal processo principale e dovrà essere giudicato da un altro collegio.

Il Csm si assuma le sue responsabilità

È chiaro che il Csm, a questo punto, ancor prima di orientarsi sul “dossier Vibo Valentia”, dovrebbe assumersi al più presto le proprie responsabilità iniziando con l’audizione di chi sta in trincea ogni giorno: il presidente stesso del Tribunale. Un passaggio, questo, non più rinviabile alla luce della richiesta di verità e giustizia avanzata da un intero territorio che ha risposto e ripone ancora fiducia negli organismi dello Stato. Tergiversare significherebbe mettere a rischio l’attività giudiziaria con possibili effetti destabilizzanti e delegittimanti in un territorio che, dopo gli alti e bassi del passato, stava imboccando la strada giusta sul tema della tutela dei diritti di ogni cittadino.