Per la terza notte di seguito, ha reclinato il sedile del suo trattore. Si è fatto spazio tra bottigliette di acqua e confezioni di biscotti, sperando di riuscire a dormire almeno un paio di ore. Una laurea in Scienze turistiche all'Unical, un master a Londra. Il richiamo della terra, però, è stato più forte e così Lorenzo Pupo è tornato in Sila, per dare una seconda vita all'azienda agricola che era stata fondata dal suo bisnonno. «La morte di mio nonno ne aveva decretato la chiusura, e non mi rassegnavo all’idea. Del grande allevamento di ovini e bovini, del caseificio e della piantagione di patate, non rimaneva più niente».

Lorenzo si è rimboccato le maniche, e grazie al sostegno dei genitori, su quei vecchi terreni abbandonati ha realizzato “Fattoria Pupo”. «Ci siamo specializzati nella produzione di frutti di bosco: more, mirtilli, lamponi che trasformiamo in succhi di frutta e marmellate. E poi, naturalmente, le patate IGP».

L’aumento dei costi e la concorrenza sleale rischiano di mettere in ginocchio l’azienda agricola di Lorenzo. «Il prezzo dei concimi è raddoppiato; un litro di gasolio è arrivato a costare un euro e venti centesimi, mentre, poco tempo fa, lo compravamo a cinquanta centesimi. La grande distribuzione ci penalizza. Se da altri paesi arriva un prodotto che costa trenta, a nessuno importa che noi, per produrlo, abbiamo invece speso cinquanta. Purtroppo, non siamo noi produttori a decidere il prezzo di mercato». A tutto questo, si aggiungono gli ostacoli, spesso insormontabili, rappresentati dalla burocrazia. Lorenzo racconta la sua esperienza personale: «Il Piano di sviluppo rurale prevedeva delle agevolazioni legate al ricambio generazionale, ma ho impiegato addirittura sei lunghi anni, prima di riuscire ad accedere alla misura».

Gennaro Vizza ha 22 anni e indossa una felpa verde con il logo dell’Istituto agrario “Tommasi” di Cosenza, dove si è diplomato. Anche lui, come Lorenzo, ha lasciato l’azienda agricola di famiglia per partecipare, giorno e notte, al presidio di Vaglio Lise. L’ottimismo tipico di questa età comincia a vacillare, e Gennaro confessa di vedere davanti a sé un futuro che si colora, sempre più, di tinte fosche: «La nostra azienda si trova nella Sila Piccola, in una località chiamata Spineto e affacciata sul lago Ampollino. La selvaggina è il nostro peggior nemico. Cinghiali e istrici distruggono sistematicamente la semina, e le colture, così, non vanno più avanti. Ci difendiamo come possiamo, installando, per esempio, recinti elettrici. Questo ci costringe a tagliare l’erba in continuazione, altrimenti questi strumenti non funzionerebbero». Gennaro non ha portato qui il suo trattore, e la notte dorme in macchina.

Giuseppe Iaccino addenta un panino alla mortadella e si sforza di sorridere: «Ho 67 anni e, dopo tre notti di fila passate sul sedile del trattore, la stanchezza comincia a farsi sentire». L’azienda agricola “Il Falco” di cui è titolare si trova a Camigliatello, ha sei dipendenti e produce ogni anno settemila quintali di patate IGP che finiscono in tutta Italia. «Un chilo di patate ci costa trentotto centesimi, e noi riusciamo a venderlo a quaranta: questo significa che, se va bene, riusciamo a coprire soltanto le spese».

Ogni tanto un’auto rallenta e qualcuno, da dentro, pronuncia frasi di incoraggiamento: «Bravi, andate avanti, non vi fermate». Alle parole, seguono gesti di solidarietà concreta. Salvatore Tornello si stacca dal gruppo: «Voglio ringraziare tutte le persone che vengono a portarci da mangiare. Panini, pizza, dolci e cornetti la mattina. È importante sapere che non siamo soli in questa nostra battaglia».

Vittorio Pingitore ha un allevamento a Camigliatello, ma produce anche olio e grano a Mongrassano. «Il nostro obiettivo è quello di spingere il Governo a emanare al più presto un decreto che tuteli la filiera della produzione. Che fine ha fatto l’Osservatorio di Ismea, che in passato si occupava del monitoraggio dei prezzi? Di questo passo, prima o poi, saremo costretti a chiudere le nostre aziende».

Al tramonto, da Vaglio Lise s’alza il fumo del fuoco che gli agricoltori accendono per tenere lontano il freddo della notte. Il treppiede a gas riscalda l’acqua nella grande pentola, utilizzata per preparare un piatto di pasta fumante, mangiata in compagnia prima che ognuno vada a chiudersi nella cabina del proprio trattore.