L'opera di sei piani, edificata sulla Ss106. è stata sequestrata nel 2007 e confiscata nel 2012. Soddisfazione per la demolizione dal presidente calabrese Anna Parretta e dal presidente nazionale Stefano Ciafani
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«La demolizione di Palazzo Mangeruca a Torre Melissa, dopo una serie di annunci fatti nel tempo da varie amministrazioni regionali nel corso degli anni, è un rilevante ed importante segnale da parte della Regione Calabria nella lotta all’abusivismo edilizio». Commentano così Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Stefano Ciafani, presidente di Legambiente nazionale, la decisione della Regione di abbattere finalmente un vero e proprio ecomostro- un monumento all’illegalità di 6 piani, edificato tra la strada 106 ed il mare Jonio in provincia di Crotone, su un tratto di costa bellissimo – sequestrato nel 2007 e poi confiscato nel 2012 a Costantino Mangeruca, ormai deceduto, ritenuto un presunto prestanome della cosca locale di ‘ndrangheta.
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La Calabria, come reiteratamente segnalato da Legambiente nei propri dossier, è interessata da un persistente e grave fenomeno di abusivismo edilizio, a cui non sono estranei interessi riconducibili alla criminalità organizzata. Nella classifica delineata dall’ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente la Calabria è quinta per reati connessi al ciclo del cemento. Si tratta di un problema presente in tutto il Sud Italia: l’Istat, nel suo ultimo “Rapporto Bes 2022” sul benessere equo e sostenibile, definisce come “insostenibile” l’abusivismo edilizio nel Mezzogiorno, con un’incidenza di 42,1 case illegali ogni 100 costruite nel rispetto della legge (la media nazionale è di 15) e segnala una crescita netta dell’abusivismo del 9,1%, come non si riscontrava dal 2004.
Secondo l’ultimo report di Legambiente “Abbatti l’abuso” dedicato all’abusivismo edilizio, dal 2004 a dicembre 2022, nelle 5 regioni più a rischio quali Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e Lazio, il numero delle demolizioni eseguite nei 485 comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico, è stato solo del 15,3%, a fonte di 70.751 ordinanze emesse. La Calabria è in fondo alle classifiche in base a tutti gli indicatori presi in considerazione dal monitoraggio, a partire dai dati sulla trasparenza (alle domande di Legambiente hanno risposto poco più del 13% dei Comuni), dal numero di ordinanze di demolizione eseguite sul totale di quelle emesse nel corso, appena il 9,6% nell’arco di quasi un ventennio, fino al numero di immobili acquisiti al patrimonio dei comuni, pari ad appena l’1,2%. Per avere un’idea dell’impatto del mattone illegale, in Calabria sono state emesse 6.197 ordinanze di demolizione, con una media di 1 ordinanza ogni 297,1 cittadini. La provincia calabrese con il maggior numero di ordinanze di demolizione eseguite è Cosenza (361) pari al 9,2% delle ordinanze emesse (3.907), Vibo Valentia ha la maggiore percentuale di ordinanze di demolizione eseguite (195) su quelle emesse (1.051) pari al 18.6%, seguono Reggio Calabria e Catanzaro, mentre Crotone non ha fornito nessuna risposta completa.
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«La gravità della situazione dell’abusivismo edilizio, che Legambiente denuncia da tempo, in particolare nel Mezzogiorno - dichiarano Parretta e Ciafani - è tale da richiedere un forte impegno da parte di tutte le istituzioni, a partire del governo nazionale, ma dalla Calabria arrivano anche segnali positivi. La direzione intrapresa dalla Regione è doverosa: sul territorio calabrese non vogliamo più vedere ecomostri come Palazzo Mangeruca, che costituiscono ferite inferte al territorio segnando, per anni, l’immaginario collettivo e pregiudicando la bellezza e le possibilità di sviluppo ecosostenibile della regione. Chiediamo alla Regione Calabria di proseguire con determinazione nella lotta agli ecomostri presenti sul territorio regionale, supportando i Comuni anche sotto il profilo finanziario, nelle azioni di abbattimento e del successivo ripristino del territorio. Ma sono necessarie anche concrete attività di controllo e vigilanza sull’attività urbanistica ed edilizia, per prevenire l’abusivismo edilizio e fermare il consumo di suolo».