«A Cosenza ci sono più pentiti che cristiani» sosteneva Vincenzo Curato, uno dei tanti disertori dell’ambiente criminale cosentino. Per certi versi, ha ragione da vendere. Sono più di cento, infatti, gli ex malavitosi locali che, dal 1993, collaborano con la giustizia. Più di trent’anni, dunque, un lasso di tempo in cui le loro dichiarazioni hanno innescato indagini poi culminati in processi con tanto di condanne e altrettante assoluzioni. In entrambi i casi, non sono mancati i veleni.

Nella seconda puntata di Mammasantissima, un capitolo è dedicato proprio ai collaboratori di giustizia come Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti che, nel decennio scorso, hanno contribuito a picconare le cosche locali dal loro interno. Non mancano i riferimenti a Roberto Porcaro, che all'iniziale scelta collaborativa ha associato poi un clamoroso dietrofront, e poi la testimonianza inedita: la viva voce di uno spacciatore che vuota il sacco davanti ai magistrati. Un pesce piccolo, ma che con le sue dichiarazioni descrive dal basso, e dunque in modo ancora più efficace, quello che è il cosiddetto "Sistema" della droga a Cosenza.

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Veleni, dicevamo. Perché in un recente passato, il ricorso al pentitismo, da parte degli organi inquirenti, ha generato controeffetti non sempre virtuosi. L’esempio più vicino nel tempo, anche per tornare a ciò che dice Curato, è stato il maxiprocesso "Missing" iniziato nel 2009 e conclusosi due anni più tardi. Un’inchiesta monumentale, che si proponeva di far luce su una trentina di omicidi del passato. E dei 64 uomini alla sbarra, un terzo era lì nelle doppie vesti di imputato e collaboratore di giustizia. Un po' troppi, senza dubbio alcuno.

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In molti, avevano saltato il fosso proprio in quel 1993, sulla scia di Roberto Pagano, il primo a buttarsi con la legge per sfuggire ai suoi ex compagni che già da tempo gli davano la caccia. Il suo pentimento innesca una reazione a catena che, nel giro di pochi mesi, suggerisce a tanti suoi omologhi di compiere lo stesso passo. Nel giro di qualche anno, diventeranno un vero e proprio esercito.

Le loro confessioni innescheranno processi e condanne, ma anche in questo caso, sulle verità giudiziarie emerse in aula aleggia lo spettro di inquinamenti probatori, come acclarato in diverse sentenze. Non a caso, al naufragio di diverse inchieste sarà determinato proprio dal sospetto che i pentiti abbiano concordato le versioni accusatorie. È un ombra che incombe ormai da trent'anni sul pentitismo cosentino, e che tornerà ad aleggiare spesso in aula. Specie quando si tratterà di esplorare i rapporti pericolosi tra la criminalità organizzata e la politica.