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Ci fossero state anche tre persone ad ascoltare ieri sera il comizio di Luigi Di Maio a Lamezia il risultato sulla bellezza delle parole del vicepresidente della Camera non sarebbe stato vano comunque. Dicono fossero 5mila in piazza. Ma non sono e non devono essere i numeri a far pesare le persone. Certo, le folle oceaniche sono sempre servite come specchietto per le allodole, come dimostrazione di forza popolare e di affermazione del proprio appeal. Tipo i “like” su Facebook. Ma la Calabria non sarà mai uno specchietto per le allodole, anzi.
Luigi Di Maio c’ha ragione. C’ha ragione quando mette tutti in guardia in merito all’abitudine regionale di non esprimersi per voto d’opinione, ma solo per voto di convenienza. Qualcuno tra i politici locali ha immediatamente storto il naso sentendo queste parole. Non vuole che si dica che i calabresi sono comprabili, è offensivo. Lo so, è offensivo. Ma è la verità. O si vuole negare l’evidenza? Si vuole negare come le elezioni locali siano un mercato alla luce del sole? Quel personaggio che non ti saluta per 5 anni e poi improvvisamente ti porge un caro saluto e un caffè al bar esiste si o no? E allora Di Maio c’ha ragione.
C’ha ragione anche quando con orgoglio rivendica il patto di non alleanza con tutte le altre forze politiche. Non vuole governare con altri per una questione di dignità politica, altrimenti chiamata coerenza. Chiunque brama per avere i voti dei 5stelle in Parlamento, mica non si sa. Ma i ragazzi del Movimento preferiscono stare in disparte e puntare semmai al governo del Paese secondo il loro modo di vedere il mondo. Una scelta che magari non li premierà mai a livello nazionale, specie con una legge elettorale come l’Italicum che garantisce governabilità solo a chi si allea. Però è meglio vivere coi propri sogni che sporcarsi le mani con chi le mani ce le ha sporche per definizione. O tutte le coalizioni che hanno governato il Paese, compresa l’ibrida squadra renziana del momento, hanno finito per aiutare davvero gente a destra e sinistra? E allora Di Maio c’ha ragione.
C’ha ragione quando mette sul piatto delle proposte serissime, ma scarsamente considerate dalla politica che conta perché inconsuete e ultra-populiste. Il reddito di cittadinanza (sperimentato a Livorno con successo) e il microcredito alle imprese (2000 piccole imprese nate coi soldi risparmi grillini nel 2015) con tagli di pensioni d’oro e privilegi parlamentari non è utopia. E la cosa più giusta e equa che possa esistere in una nazione civile. Prendiamo esempio sempre dalla Germania, dalla Francia e dai tanti partner europei pure quando costruiscono nuovi cessi all’avanguardia, ma dimentichiamo troppo facilmente che il loro sistema di welfare si basa espressamente sui redditi di cittadinanza pensati e voluti non come propaganda, ma come metodo di civiltà e benessere bipartisan. E in Italia perché mai non si può fare? Perché la redistribuzione del debito andrebbe a prendere soldi laddove al contrario i politici costruiscono le proprie sacche di resistenza al potere? E allora c’ha ragione Di Maio.
C’ha ragione Di Maio (anche se lo ha ammesso pure Matteo Renzi, al contrario dei suoi portaborse) quando dice che le scorse amministrative il Movimento5Stelle le ha vinte non perché soffiava il vento dell’antipolitica, ma perché le persone avvertono per davvero la necessità di poter sognare un futuro diverso. Cioè, dobbiamo necessariamente riconsiderare proprio a livello semantico quello che fino ieri pensavamo fosse avverso al sistema classico di potere. Oggi vince non, come sbrigativamente tutti preferiscono dire, chi ascolta il bisogno populista della gente, ma chi riesce a dare una speranza di cambiamento alle persone. O qualcuno pensa davvero che si possa continuare vita natural durante con questa sistema di governance all’italiana? E allora c’ha ragione Di Maio.
Puntualizzo tutto questo sia per una questione di onestà intellettuale e sia perché vedo la mia gente soffrire questa quiescenza delle false opportunità. Io non voto Movimento5Stelle. Però c’ha ragione Di Maio. O al massimo c’hanno torto tutti gli altri.