Il bilancio fu terribile: 17 morti e 56 feriti. Solo nel 1973 il governo tedesco riconobbe il fatto di sangue come uno dei crimini di guerra perpetrati in Italia
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L’eccidio avvenuto a Rizziconi (Reggio Calabria) il 6 settembre 1943 provocò 17 morti e 56 feriti. Fu una strage ante litteram, quando ancora l’Italia era formalmente alleata della Germania, la prima in ordine di tempo compiuta dalle truppe tedesche in Italia, fatta eccezione per quella compiuta a Castiglione di Sicilia il 12 agosto 1943.
I tedeschi in Calabria
Nell’agosto 1943, dopo l’occupazione della Sicilia da parte degli Alleati, i tedeschi erano riusciti a evacuare dall’isola la maggior parte dei propri uomini e materiali grazie al successo dell’audace operazione “Lehrgang”, effettuata per mezzo di un ponte di barche, mentre il 3 settembre l’VIII Armata del generale Montgomery oltrepassava lo Stretto con l’obiettivo di risalire la penisola.
Le truppe tedesche presenti in Calabria, la 26^ divisione Panzer e la 29^ divisione Panzergrenadier (foto: Fochler Hauke) si stavano ritirando lasciando dietro di sé macerie a catena lungo tutte le vie di comunicazione con lo scopo di rallentare l’avanzata degli Alleati e purtroppo cominceranno a lasciare anche una scia di sangue innocente, come sarebbe spesso accaduto in Italia nel corso della seconda guerra mondiale. Erano giornate di grande concitazione e confusione. Il 3 settembre era stato firmato a Cassibile l’armistizio tra Italia e anglo-americani, anche se la notizia verrà data la sera dell’8 settembre, quando le truppe tedesche in ritirata si trovavano ancora nella regione. Fra le truppe italiane tirava aria di smobilitazione e i tedeschi erano diventati sempre più diffidenti e ostili. Aumentava, di giorno in giorno, il loro sentimento di vendetta per la firma dell’armistizio da parte dell’Italia, considerato un tradimento verso l’alleato tedesco.
La strage
Le truppe della Wermacht si erano concentrate nella Piana di Gioia Tauro, la maggior parte a Rizziconi e nei comuni limitrofi di Cittanova e Taurianova, per tentare un’improbabile difesa del continente. Poi arrivò l’ordine di ritirarsi verso nord ( messaggio in codice Feuerbrunst “il fuoco brucia”), in previsione di uno sbarco alleato in grande stile che sarebbe poi avvenuto a Salerno giorno 10, ma la corsa della 26^ Panzer Division e della 29^ Panzergranedier, punte di diamante della Wermacht, verrà rallentata dallo sbarco della 231^ Brigata britannica a Vibo Marina nella notte tra il 7 e l’8 settembre.
Forse i tedeschi già sapevano o cominciavano a sospettare che gli italiani stavano per cambiare alleato e, prima di ritirasi, indirizzarono il fuoco dei carri armati sull’abitato del centro agricolo della Piana, massacrando a cannonate inermi civili, in maggioranza donne, bambini e anziani, vite spezzate per rappresaglia.
Le cannonate durarono diverse ore, dalle 14 alle 16 e dalle 18 fino all’alba:17 morti e 56 feriti fu il tragico bilancio dell’unica strage nazista registrata in Calabria, la più tragica del Mezzogiorno ma anche la prima compiuta in Italia, un prologo di quello che sarebbe in seguito accaduto nelle zone della penisola controllate dai tedeschi. Un eccidio rimasto impunito e di cui non c’è traccia neanche nel registro dei crimini di guerra presso la procura militare di Roma. Nessuno ne ha parlato, nessuno ha denunciato, nemmeno i familiari delle vittime. Gente di Calabria, abituata ad ataviche ingiustizie e oppressioni. Solo nel 1973 il governo tedesco riconobbe la strage di Rizziconi come uno dei crimini di guerra perpetrati in Italia.
Una stele in ricordo delle vittime
Il 6 settembre 1976, a ricordo delle vittime, l’amministrazione comunale di Rizziconi faceva erigere una stele marmorea in piazza Calvario e, per i meriti riconosciuti nel prestare aiuto alle persone colpite dal fuoco nazista, conferiva al sacerdote Francesco Riso una medaglia d’oro al valore civile; nel 1965, il medico condotto Vincenzo Gioffrè, per il suo coraggioso comportamento nella vicenda, era stato insignito del titolo di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana” e aveva ricevuto a Roma, in Campidoglio, il “Premio Biagini”.
Sulle cause che scatenarono l’eccidio le notizie sono frammentarie e non è mai stata del tutto chiarita la motivazione alla base dell’episodio. Forse a scatenarlo fu il sospetto tedesco di un atto di sabotaggio delle linee di comunicazione, messo in atto dalla popolazione, che aveva tagliato i fili del telegrafo, mentre altri parlano di un drappo bianco issato sul campanile della chiesa, atto che i tedeschi interpretarono come un messaggio d’intesa tra la popolazione e le truppe alleate.
Lo sbarco alleato a Vibo Marina
Dopo aver lasciato la Piana, le colonne tedesche furono intercettate, la mattina dell’8 settembre, dallo sbarco alleato a Vibo Marina (operazione “Ferdy”) e dopo un sanguinoso combattimento accelerarono la ritirata. Alle 19.45 di quel fatidico giorno, che tante tragiche conseguenze avrà per gli italiani, Radio Roma e la BBC comunicarono la resa incondizionata dell’Italia, quando ormai le colonne tedesche correvano verso Salerno, richiamate dal messaggio “Feuerbrunst”, circostanza che forse evitò una possibile reazione sull’ inerme popolazione civile come avvenuto a Rizziconi. Il 10 settembre l’ultimo soldato tedesco aveva lasciato il suolo calabrese: la permanenza delle truppe germaniche nella regione, grazie all’operazione Ferdy, era durata appena venti giorni. L’eccidio di Rizziconi rimase così l’unica strage nazista consumata in Calabria, ma anche la più tragica avvenuta nel Meridione e una delle prime registrate in Italia. Impunita e dimenticata.
A tutt’oggi non sono state concesse onorificenze alla città o alle persone per la violenza subita. La richiesta ufficiale del Comune di Rizziconi, avvenuta con deliberazione del Consiglio comunale n.16 del 30.08.2010, è stata oggetto di una valutazione sommaria da parte della preposta Commissione Parlamentare, che non ha riscontrato nel caso la sussistenza delle condizioni per la concessione dell’onorificenza.