Quanti politici o aspiranti tali vorrebbero avere mille “like” al minuto sulle loro bacheche? Che poi si trasformino in preferenze nel segreto dell’urna non è quasi mai logica conseguenza. Ma intanto i “like” – proprio perché sono attestazioni di interesse verso la persona – piacciono. Ahi voglia a dire il contrario.

 

Ora, se c’è qualcuno che vorrebbe distruggere l’immagine che Anna Rita Leonardi si sta virtualmente costruendo non capisce che, in fondo, la sta solo ingrandendo. Ma se per giornalisti e oppositori questo non dovrebbe suonare come un errore, bensì come lavoro, la stessa cosa non può dirsi per il Partito Democratico. Da ieri, cioè da quando la Leonardi è uscita autoconsacrata dalla Leopolda, pare sia addirittura amica di Matteo Renzi, che di questi tempi non è il massimo della vita, il fuoco amico ha iniziato a sparare le prime raffiche di polemiche mascherate come al solito dall’esistenza di una meglio politica. Cioè, da loro stessi. E, seppur legittimo è il pensiero critico degli amici, è innegabile l’ennesima figura barbina. Soprattutto perché c’è dell’autoconsacrazione anche in questo. Autoconsacrazione della peggio fattura, perché si ergono a “migliori” contro-strumentalizzando gli altri.

 

In pratica si scopre leggendo varie bacheche, tipo quella di Antonio La Rosa e Anna Pittelli, due che della militanza ne hanno fatto evidentemente una ragione di vita per aver sempre attaccato manifesti e distribuito caterve di “culluricchiji” in tutte le feste de l’Unità, che la Leonardi è dirigente al tempo in cui anche cani e porci sarebbero dirigenti del Pd. Il che è già di per se un bell’attestato di stima. In più, la “ladylike di morettiana memoria” – così come viene definita sui social – paga lo scotto di essere appunto ladylike, come se in questo ci sia da vergognarsi. Cioè, una cosa è certa: la Leonardi i benedetti “like” se li è costruiti passo passo. Nulla a che vedere con Nicola Irto, che i “like” – ad esempio - se li compra sponsorizzando a pagamento la propria pagina Facebook come qualunque venditore di caramelle.

 

Almeno, virtualmente parlando, Anna Rita Leonardi è caruccia e ha belle foto sul profilo. Al mare, ai convegni, in costume, in versione intellettuale, in versione militante, al ristorante, con gli amici, vista downblouse e (quasi) vista upskirting. Ha persino fotografato la tartaruga di Giuseppe Falcomatà dopo una estenuante partita di calcetto. Sarebbe la sindachessa ideale per Platì, non v’è dubbio.

 

Ma siccome Anna Rita Leonardi non sarà mai la sindachessa di Platì per il semplice fatto che per diventare sindachessa non bastano le foto in bikini, ma – al contrario – c’è bisogno prima di una squadra valida in appoggio e naturalmente dei voti dei cittadini, quello che si profilerà col passare del tempo sarà la martirizzazione del personaggio. Con il risultato che di Platì, ancora una volta, non frega niente a nessuno; con il risultato che il Pd calabrese, per l'ennesima volta, vive d'invidia. Una prassi in Calabria. Vedasi Maria Carmela Lanzetta e Caterina Girasole. 

 

In definitiva, volendo essere più blandi e diretti, l’ultima parola per capire come stanno le cose in questa terra va data di diritto alla sempre sobria Anna Pittelli: 

“La selezione della classe dirigente nel partito dove sono tutti dirigenti ma non si vedono i militanti. Tutti presi dalla celebrazione di se stessi, nell'affermazione individualistica e nell'accreditarsi a Roma. Quali siano le ragioni della lotta in questa terra, cosa vogliamo fare e per l'emancipazione di chi stiamo lottando, questo no, non interessa. Forse perché non fa notizia”. Ineccepibile. 

 

Non è forse questa la più bella e pura definizione del Pd in Calabria? Tutto il resto è Adriana Musella, alias Madonna del Petrusino.