Chi teme Marco Minniti? La domanda può sembrare quasi banale, ma non è così. E’ possibile che il rischio di una crisi istituzionale, ovvero lo scontro tra due ministri dello stesso governo (e dello stesso partito) sia solo riconducibile a un diversa visione dell’applicazione del codice di autoregolamentazione dei salvataggi delle ONG? Per quanto in queste ore tutti si affannano dalle parti del governo e dello stesso PD a giurare che sia così, ci consentirete di dubitare di questa tesi. D’altronde, basta leggere tra le righe delle interviste rilasciate sia da parte del Ministro dei Trasporti Delrio che dallo stesso Ministro dell’interno per intuire che la vicenda è tutta intrisa di dinamiche rigorosamente interne al PD e in relazione agli assetti politici in vista delle elezioni.

 

MINNITI POLITICO DI ALTO PROFILO

Marco Minniti già da Sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri con delega ai servizi, è sempre stato considerato un politico di alto profilo istituzionale. Stimato dai vertici della nostra intelligence, apprezzato dai vertici delle forze dell’ordine, ascoltato dai vertici militari. E ancora. Minniti è molto apprezzato e ascoltato all’estero e in particolare negli USA da molto tempo. Un apprezzamento che si è manifestato proprio qualche giorno fa con un articolo su NyTime, un ampio ritratto del Ministro, definito "il signore delle spie".

 

MINNITI INDIGESTO AL CIRCO MEDIATICO RENZIANO

Un politico con questo profilo, uno dei pochi statisti rimasti in circolazione, già di per se, nel deserto cosmico di statisti dell’universo piddiota di marca renziana, risulta estremamente indigesto a quell’esercito di nani e ballerine che da quasi un lustro, ormai, si alternano senza lasciare traccia del loro passaggio dalle parti del “Nazareno”. E tuttavia funzionali al mantenimento, della leadership Renzi, in cambio di poltrone e seggi parlamentari futuri.

 

LA CRESCITA POLITICA E ISTITUZIONALE DEL MINISTRO

La si può pensare come si vuole ma, Marco Minniti, invece, da Ministro dell’Interno, ad oggi, non ha sbagliato un colpo. Dimostrando una competenza riconosciuta da tutti. Appena insediato si è precipitato nelle zone di guerra da dove partono i flussi migratori per cercare di governare un processo in collaborazione con i governi, spesso in lotta tra loro, un’iniziativa, questa, spesso auspicata durante il Gabinetto Renzi, ma imprigionata nelle acque stagnanti dell’immobilismo del Viminale durante l’epoca di Angelino Alfano. La politica della sicurezza del paese, perseguita dal politico reggino poi, sta dando i suoi frutti e viene percepita bene dall’opinione pubblica, tant’è che, i sondaggi lo consacrano tra i Ministri più graditi al paese. Dettaglio non di poco conto, in un contesto e in un epoca, nella quale la politica è invisa a gran parte degli italiani.

!banner!

L’azione del Ministro, inoltre, ha anche una sua consistenza politica e si potrebbe rivelare estremante salutare per lo stesso PD, preso tra i due fuochi della retorica ideologica sull’accoglienza della sinistra radicale da un lato e il populismo spinto dalla destra radicale e grillina dall’altro lato. Minniti, per la prima volta, sta spostando il centro sinistra sui temi dell’ordine e della sicurezza, temi spesso ostici per quell’universo. Tuttavia Minniti, è ben consapevole che una sinistra che si dichiara compiutamente riformista, non può e non deve lasciare questo terreno alla mercé del populismo più becero e per certi aspetti più pericoloso.

 

Un’azione di governo efficace e un’azione politica realista, dunque, giorno dopo giorno sta facendo crescere il ruolo di Minniti nel panorama politico nazionale e internazionale, una crescita però, direttamente proporzionale ad altre crescite, quella delle diffidenze, dei sospetti, delle invidie interne, anche in quella cerchia di stretti collaboratori definito il cerchio magico e che si era strutturato intorno a Matteo Renzi quando ancora era il primo inquilino di Palazzo Chigi.

 

CHI TEME MINNITI?

Cerchiamo di capire dunque chi teme e per cosa, il Ministro degli Interni. Ormai è assodato che alle elezioni politiche andremo con un sistema elettorale proporzionale, ciò potrebbe significare, dunque, che il prossimo governo dovrà essere di coalizione, magari tra un pezzo di centrodestra e il PD. Difficile immaginare che il segretario del PD, quindi Matteo Renzi, possa pensare di poter essere il Presidente di un governo del genere. Un governo di questo tipo, infatti, presuppone che venga chiamato a presiederlo un uomo di raccordo politico e istituzionale.

 

Marco Minniti, potrebbe essere tra questi? Decisamente si. Ipotesi difficile? Ipotesi improbabile? Può darsi. Personalmente sono convinto che sia un’ipotesi realistica. Un’ ipotesi alla quale bisogna guardare, tenendo conto del profilo dell’attuale Presidente della Repubblica, colui che poi dovrà fare la scelta finale. Mattarella, fin da subito, infatti, si è mosso interpretando rigorosamente il suo ruolo come notaio, e cioè, prendendo atto delle condizioni politiche che si manifestano nel Parlamento, a differenza del suo predecessore che, invece, è stato fin troppo un attore politico nello scacchiere della complessa vicenda partitica italiana.   E’ assai probabile dunque, che in alcuni settori del PD molto vicini a Matteo Renzi, sia partita un’operazione con un solo obiettivo: ridimensionare politicamente e istituzionalmente il profilo del Ministro, metterlo fuori gioco.

 

LO SCONTRO E’ STATO APERTO DAL CERCHIO MAGICO

E’ un caso che lo scontro sia avvenuto con il Ministro Delrio, notoriamente, considerato uno dei più prudenti uomini di Matteo Renzi, ma anche quello che coltiva maggiori velleità? Sarebbe appena il caso di ricordare   che la successione a Renzi, a dicembre, si è giocata fino all’ultimo, tra il Ministro dei Trasporti e l’attuale Premier. E non possiamo nemmeno ignorare che nella disputa sulle ONG, sulle posizioni di Delrio, si è schierata anche Maria Elena Boschi e, lo stesso Renzi, ha registrato una posizione assai ambigua nella difesa di Minniti, affermando, sbrigativamente che hanno ragione entrambi.

 

SU MINNITI FUOCO AMICO

A nostro modestissimo avviso, dunque, il fuoco amico sul Ministro degli Interni è partito da quella galassia. Certamente senza sottovalutare che, la vicenda delle ONG, è una vicenda estremamente complessa, che riguarda decisioni sulle quali possono innescarsi posizioni ideologiche, resistenze legate alla Chiesa e dispute di natura etica e morale.   Le ONG, prevalentemente, sono legate a una visione culturale molto vicina alla sinistra e, dunque, esercitano pressioni rilevanti in quel mondo. Inoltre il ministro degli Interni italiano comincia a essere scomodo anche per i grandi interessi legati al traffico degli esseri umani, intorno ai quali si muovono gruppi d’interesse molto influenti. Tuttavia rimaniamo convinti dell’ipotesi che la fronda interna al PD, abbia rappresentato il vero detonatore in questa delicata crisi istituzionale. E se la nostra ipotesi risultasse vera, ci sarebbe da riflettere molto su chi, tenta di utilizzare una materia sulla quale si giocano gli interessi nazionali per giocare partite interne al partito di maggioranza relativa, ci farebbe sorgere il drammatico dubbio sullo spessore di certi politici piddini, i quali invece di essere mossi dall’interesse per il Paese sarebbero pronti a tutto pur di mantenere le loro piccole posizioni di potere. Può darsi che a pensar male si faccia peccato come sosteneva il vecchio Andreotti (…), la partita che si è aperta però, è una partita complessa e non si escludono colpi di scena. Alla ripresa dei lavori parlamentari vedremo che piega prenderà questa partita, soprattutto quella sulle strategie per la modifica della legge elettorale, li constateremo se emergeranno con maggiore chiarezza le vere posizioni e, magari, nuove alleanze.

 

Pa.Mo.