Il caso ha coinvolto la referente della Fish, Nunzia Coppedè che si era recata in un seggio diverso da quello stabilito in base alla residenza poiché accessibile alla sua carrozzina: «La legge lo prevede»
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«Quanto accaduto domenica a Lamezia Terme, dove un presidente di seggio ha ostinatamente negato alla presidente del Fish, Nunzia Coppedè, il suo diritto a votare, è estremamente grave». Lo afferma la neo senatrice e assessore alle Politiche sociali della Regione Calabria, Tilde Minasi intervenuta sulla vicenda avvenuta in occasione del voto di domenica in un seggio di Lamezia Terme, dove la presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap, Nunzia Coppedè, si era recata per esercitare il suo diritto.
Per la Minasi, il caso «pone, da un lato, la necessità di ripensare alle modalità di scelta dei presidenti e scrutatori per le elezioni, dall’altro, ancora una volta, il problema culturale legato alla disabilità. Assistere a episodi come questi – aggiunge - ci fa capire come la strada da percorrere sul piano della sensibilizzazione e della conoscenza è ancora lunga». Il seggio - secondo quanto riporta l’assessore- era stato scelto da Coppedè in quanto accessibile alla sua carrozzina, diversamente da quello in cui avrebbe dovuto votare in base alla sua residenza. Ma, una volta arrivata, si è vista negare la possibilità di entrare nella cabina elettorale dal Presidente, e con modi peraltro molto bruschi, come da lei raccontato.
«Il presidente di seggio – dice Minasi – ha dimostrato ignoranza e insensibilità, e non so quale tra le due sia peggiore. Come Nunzia ricorda, esiste una legge precisa, la 15 del ’91, che consente agli elettori di recarsi in un seggio diverso dal proprio per motivi legati all’impossibilità o alla ridotta capacità di deambulazione. L’importante è avere una certificazione medica dell’Asp che lo attesti. È gravissimo, come dicevo, che quel presidente non conoscesse la legge e che abbia mandato via Nunzia in malo modo. Solo la sua caparbietà, che ben conosco, le ha consentito di spuntarla. Ha dovuto lottare – e sentirsi probabilmente anche mortificata – per poter semplicemente esercitare un proprio diritto. Mi auguro che questo episodio – conclude l’assessore – possa servire per il futuro. Le persone con disabilità devono poter vivere esattamente come tutte le altre. E se proprio non riusciamo ancora ad abbattere tutte le barriere architettoniche, quantomeno abbiamo il dovere di garantire loro l’alternativa. Applicando norme che siamo tenuti a conoscere. È una questione di civiltà, che riguarda tutti noi».