Occupazione, giovani, donne e previdenza, smartworking e southworking, la democrazia e i valori dell’Antica Grecia al centro delle ultime sessioni di lavoro della terza edizione di Sud e Futuri (R)innoviamo il Mezzogiorno, il meeting internazionale promosso dalla fondazione Magna Grecia nella cornice del castello Ruffo di Scilla. A moderare i lavori, sempre introdotti da un video, i giornalisti Paolo Mieli, Fabrizio Frullani, Paola Bottero e Alessandro Russo. «Una tre giorni intensa durante la quale sono emersi spunti interessanti e da approfondire in altre occasioni alle quali la fondazione Magna Grecia si impegna fin da ora a dare continuità», ha annunciato il presidente Nino Foti.

Giovani protagonisti

«L’innovazione e le competenze digitali devono essere poste al centro della sfida di competitività delle aziende e dunque dovrebbero essere i giovani i principali protagonisti a patto che ci sia un collante tra la dimensione di spaesamento in cui ci si ritrova dopo gli studi e l'approdo al mondo del lavoro», ha spiegato Ernesto D’Amato ceo Radar Academy.

Politiche del lavoro e centri per l'impiego

«Il governo sta affrontando il tema degli ammortizzatori sociali per dare impulso alle politiche attive e a quelle passive, puntando sulla formazione e sulla forte alleanza tra i centri per l’impiego e le agenzie interinali. Speriamo così di dare risposte concrete», ha messo in evidenza Cesare Damiano, già ministro del Lavoro mentre Marialuisa Gnecchi, vicepresidente dell'Inps, ha posto l'accento sulla «lezione che il Covid deve rappresentare per favorire l’occupazione laddove possono esserci gli occupati, investendo certamente anche sui centri per l'impiego».

Mestieri da recuperare e altri da governare

Filippo Ribisi, vicepresidente di Confartigianato Imprese ritiene «strategico investire sulle scuole professionali per puntare sulle competenze attraverso formazione» mentre Anna Gionfriddo, di Manpower group Italia, ha sottolineato la necessità di «governare la transizione tecnologica nel mondo del lavoro».

Burocrazia da snellire

Renato Mason, direttore Cgia Mestre, ha evidenziato «la necessità di proporzionalità tra norme e numeri delle realtà aziendali. Non si possono applicare le stesse prescrizioni ad imprese con migliaia di dipendenti e a imprese con pochi dipendenti», mentre ha auspicato «un abbassamento delle tasse e lo snellimento della burocrazia, un alleggerimento dal punto di vista fiscale e amministrativo», Ivano Spallanzani, presidente Assimpresa spa.
In tema di pensioni, individua una strada nell'«investimento in infrastrutture e capitalizzazione di piccole e medie imprese, al fine di sostenere l’economia reale e creare posti di lavoro» Gianfranco Verzaro, componente del comitato direttivo Assoprevidenza.

Nuovo protagonismo del Mezzogiorno

La sessione Smart working e south working è stata aperta dal messaggio video di Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie che ha condiviso le priorità, che poi sono anche indicate nel Pnrr, approfondite in occasione di Sud e Futuri, ossia capitale umano, cultura e infrastruttura. «È impensabile attuare il Pnrr senza la collaborazione degli Enti locali e senza ridurre il divario ancora enorme tra Nord e Sud. Dobbiamo lavorare insieme per un nuovo protagonismo del Mezzogiorno».

Smart working da frattura a risorsa

«Il lavoro agile ha rappresentato una frattura nella vita aziendale ma oggi può costituire una opportunità, una leva importante per la futura organizzazione per la stessa azienda, purché guardata da un nuovo punto di osservazione e non attraverso un prisma antico. La soluzione è in una forma ibrida di lavoro capace di diventare chiave di sviluppo anche per soddisfare le esigenze di chi lavora, puntando sulla rivalutazione delle stesse risorse umane, non più considerate coloro che costano ma coloro che producono, gli abilitatori del cambiamento», ha sottolineato Alessandro Paone, giuslavorista e managing partner Lablaw.

«È stato un impatto improvviso che possiamo governare attraverso l’ascolto delle esigenze. Lo smart working può generare anche un nuovo approccio alla produttività e al controllo della stessa per una ottimizzazione dei risultati», ha sottolineato, Matilde Marandola presidente Aidp nazionale. «Lo smart working è un percorso anche di responsabilizzazione dello smart worker e dello smart leader e di valorizzazione del fattore del tempo, importante nella vita di ciascuno e anche parametro per valutare la produttività», ha evidenziato Anna Maria Testa, direttrice Risorse umane di Zte Italia.

Stefano Cianciotta, presidente Abruzzo sviluppo, in collegamento, ha posto l'accento sulle valutazioni da compiere con riferimento «all'infrastrutturazione digitale funzionale allo smart working e che deve essere coerente con la vocazione dei luoghi. Il tema industriale deve tornare al centro altrimenti c’è il rischio di alimentare false aspettative».

«Lo smart working è un’opportunità se coerente con il business dell’azienda e funzionale al benessere di lavoratori e lavoratrici che lì dove lavorano devono anche vivere bene. Dunque la sua programmazione deve essere frutto di una convergenza tra necessità aziendali e personali», ha sottolineato Gianpiero Tufilli, direttore Risorse Umane Thales Italia.

Dallo smartworking al coworking

«In realtà la modalità di lavoro a distanza cha abbiamo sperimentato nel contesto pandemico è stata una forma di telelavoro, ossia di traslazione a casa di quanto facevamo in ufficio o in azienda in una situazione emergenziale. Il lavoro agile vero e proprio è una, infatti, dimensione che richiede un cambio di mentalità e un approccio culturale. Esso non coincide con l’home working. Si tratta piuttosto di avvicinare l’Italia all’estero e le periferie ai distretti produttivi con spazi di coworking appositamente allestiti, che sono anche spazi di comunità da creare valorizzando anche patrimoni in disuso. Questa la proposta che stiamo illustrando alle amministrazioni locali che certamente ne trarrebbero vantaggi», ha spiegato Elena Militello, presidente dell’associazione di promozione sociale South working Lavorare al Sud.

La Democrazia nel Mediterraneo e in Europa

Di Democrazia nell'area del Mediterraneo si è parlato nella sessione finale moderata da Paolo Mieli con gli autorevoli interventi di Arthur Gajarsa, giudice corte d‘appello federale Usa, e di Gabriele Checchia, già ambasciatore d’Italia presso l’Ocse a Parigi e la Nato a Bruxelles, che nelle loro analisi hanno rispettivamente posto in evidenza la sfida che sta affrontando la democrazia in questo frangente di restrizioni per contrastare la diffusione del virus e per proteggere la popolazione e la necessità di costruire un pilastro europeo in tema di Difesa, ferme restando le relazioni con gli Stati Uniti e l'Alleanza Atlantica.

Il dibattito ha spaziato fino ad Ankara. Valeria Giannotta, direttrice scientifica dell'osservatorio Turchia e membro del Centro studi di Politica Internazionale, ha descritto infatti la Turchia tanto come parte negoziale bistrattata in tema di ingresso in Europa quanto come Paese al quale rivolgersi per la soluzione di questioni delicate, come i flussi migratori e la situazione in Libia. Come ha poi spiegato Panagiotis Roumeliotis, già ministro Economia in Grecia, anche se la Turchia aspira ad una posizione di supremazia in Medioriente, in Europa, Asia e in Africa, essa continua a non manifestare l'intenzione di cooperare e di rispettare gli standard dei diritti umani e del diritto internazionale. La questione resta, dunque, aperta.

Ha concluso i lavori Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, che ha posto l'accento sulla necessità di una politica estera unitaria per la stabilità dell'Unione Europea.