Lucia Di Furia racconta a Presadiretta i suoi primi giorni nella regione: «Appena arrivata hanno arrestato dei medici, e già erano pochi…». Il primario di Polistena Amodeo: «C’è un progetto per favorire i privati». A Locri zero controlli sulle attrezzature, ora ci pensa un medico cubano
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«Ho avuto paura, devo essere onesta, ho avuto un episodio legato al mio ruolo, peraltro poco tempo dopo che ero arrivata. Subite le pressioni ho capito una cosa sola, che stavo nel posto giusto. Ho detto: se è così che mi vogliono mandar via, allora è sicuro che rimango». Lucia Di Furia è un medico con doppia specializzazione in psichiatria e oncologia. Dal giugno del 2023 è la direttrice sanitaria dell’Asp di Reggio Calabria, Azienda che Massimo Scura, già commissario per il rientro del debito sanitario definì «la peggiore d’Europa». La manager racconterà nella puntata di Presadiretta in onda questa sera su Rai Tre il proprio impatto con la Calabria. Complicato, a dir poco: «Io non sono amica di nessuno da queste parti. Non conoscevo niente della Calabria, ma la parola Locride la conoscevo pure io che vivevo nelle Marche. Appena sono arrivata qui c'è stata una retata, hanno portato via dei medici, già che erano pochi li hanno pure portati via».
Di Furia evidenza un’altra caratteristica della sanità in Calabria, una sorta di blocco che paralizza il settore anche quando le risorse non mancano: «Quello che ho trovato qui è la paura di firmare qualunque carta. I soldi paradossalmente ci sono ma, le dico, non ci sono i letti: di cosa vogliamo parlare? Io non immaginavo ci potessero essere ospedali con i letti così antichi perché non ne sono mai stati comprati di nuovi».
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Quella dei letti è soltanto una delle tante storie della sanità nella Locride in cui la realtà supera la fantasia. A fine gennaio, Pino Mammoliti, presidente del Tribunale per i diritti del malato, ha spiegato - tra gli altri - il paradosso dei 25 letti «per vatussi». Troppo larghi per entrare negli ascensori, erano rimasti stipati nel deposito dell’ospedale di Locri.
I numero del Rapporto Svimez e il caso Calabria
“Sanità spa” è il titolo della puntata che fa tappa in Calabria anche alla luce dei numeri: la Calabria è l'ultima regione in Italia per spesa corrente in sanità ed è la prima per migrazione sanitaria. Il titolo dell’ultimo Rapporto Svimez pare tagliato come un abito su ciò che accade tra il Pollino e lo Stretto: “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”.
Nel video realizzato da Svimez per rappresentare l’Italia spaccata in due appaiono le storie immaginarie di due donne, una calabrese e una emiliana: storie che riflettono la realtà dei divari nella qualità dei Sistemi sanitari regionali (Ssr) e della conseguente “scelta” di molti cittadini del Mezzogiorno di ricevere assistenza nelle strutture sanitarie del Centro e del Nord, soprattutto per curare le patologie più gravi.
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I numeri sono quelli di una “fuga dal Sud”: nel 2022, dei 629mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, è proprio la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di Regioni non confinanti. Seguono Basilicata (25%) e Sicilia (16,5%).
Negli ultimi 10 anni tredici regioni del sud hanno versato 14 miliardi di euro a quelle del nord per far curare i propri cittadini, 2,7 miliardi sono della Calabria. «Il caso calabrese è emblematico della debolezza dei servizi sanitari regionali del Mezzogiorno – si legge nel rapporto Svimez – caratterizzati da bassa intensità dell’intervento pubblico in sanità e deludenti livelli di servizi di prevenzione e cura di qualità».
Il primario Amodeo: «Un disegno per favorire la sanità privata»
Altro incontro di Presadiretta tra le corsie degli ospeali calabresi è quello con Vincenzo Amodeo, primario di cardiologia dell’ospedale di Polistena, nominato lo scorso settembre primario ad interim anche presso l’Ospedale di Locri.
Accanto ad Amodeo c’è Adrian Naranjo, nell’equipe del primario dal dicembre 2022. È un medico cubano diventato indispensabile per l’ospedale di Locri, dove arriva ogni giovedì per svolgere controlli basilari «di pacemaker, defibrillatori, biomonitor», spiega a Presadiretta. Questo perché i medici di Locri non li effettuano. «Se non lo fanno, probabilmente non lo sanno fare», si stringe nelle spalle Amodeo. Che spiega: «Io sono arrivato ora: devo insegnare la stimolazione cardiaca, l’ecocardiogramma, l’ecotransesofagea, il controllo dei device elettrici. E scusate: ma che faccio, il professore scolastico o il primario? Qui bisogna fare una rivoluzione culturale e dopo averla fatta vai a combattere e vincerai la guerra».
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Nonostante l’arrivo dei medici cubani, a Polistena si lavora sotto organico, in perenne emergenza. «Io sono per la sanità pubblica da sempre, però mi rendo conto - e non riguarda solo la Calabria - che c'è una forma di deriva verso la sanità privata», conclude il primario. Ed è forse questo il nodo centrale. Mentre gli ospedali arrancano, su tutto il territorio nazionale aumentano di poliambulatori, frutto di un accordo tra sanità privata e assicurazioni. Sono l’alternativa a pagamento delle case della salute. E la sanità pubblica, lentamente, scompare.