Sandrino Santoro lo conobbi, nel suo paese, in Calabria che è vicino al mio. È di Acquappesa e nel 1951 emigrò in Brasile con la madre e le sue sorelle, suo papà, era già a Rio De Janeiro, facendo il falegname, da tre anni. Erano quelli in cui l’Italia era da pochi anni, dalla guerra e molti lasciavano il proprio paese per emigrare. Rio e San Paolo erano le mete più gettonate in Brasile.

Lo incontrai di nuovo proprio a Rio de Janeiro, lui mi aspettava al porto, io arrivavo in nave dall’Italia, perché stavo facendo dei reportages televisivi sulla rotta della nostra emigrazione dall’Italia fino a Buenos Aires.

«Io sono arrivato nel  febbraio del 1951 – mi dice non senza commozione- in questo porto. Adesso è cambiato tutto qui, non è il porto di un tempo che mi è sembrato meraviglioso. Io, mia madre e le mie sorelle siamo venuti con la  nave San Giorgio. Molti italiani sono arrivati davvero tanti, certamente la maggior parte andavano in Argentina, ma anche qui eravamo in tanti».

Tutti arrivati qui nel porto della grande “bahia” che il navigatore portoghese Gaspar de Lemos nel 1500 battezzò il ”fiume di gennaio” scambiando la baia di Guanabara per la foce di un fiume. Appunto Rio de Janeiro. Sandrino vive nel quartiere di Botafogo ed è diventato uno dei più importanti e riconosciuti contrabbassisti, probabilmente il miglior contrabbassista classico dell’intero Brasile. Ha suonato nelle più rinomate orchestre sinfoniche brasiliane. Ha fatto molti strumenti, anche da liutaio, perché a lui è sempre piaciuto lavorare il legno, così come tradizione di famiglia.

Mi mostra anche un suo contrabbasso che fece anni addietro e ci ho fatto anche un cuore. La musica gli piacque subito ma voleva apprendere a suonare la chitarra, lo dissuase un maestro di musica del tempo, che gli consigliò il contrabbasso, e così iniziò a studiarlo, diventando un grande maestro di musica e docente. Ha due figli maschi gemelli, Paulo e Ricardo, che suonano il violoncello ed anche loro hanno fatto parte dell’Orchestra Sinfonica di Rio de Janeiro. Tempo fa per i suoi ottant’anni a Sandrino è stato reso un grande omaggio in diversi teatri brasiliani.

Ricordo che un giorno, di dicembre del 2016, mi trovavo con lui in un caffè di Rio de Janeiro, non lontano da Copacabana e mi mostrò una pergamena che gli avevamo consegnato come Accademia Terra Calabra per il suo grande valore di artista in Brasile. Mi rilesse, piangendo, la motivazione. Lì capii, il suo stato d’animo, e la sua nobiltà d’animo. Il successo straordinario ottenuto in Brasile non riesce a cancellare il ricordo della sua terra lontana. «Non so quando potrò tornare ma il pensiero è sempre lì. Ogni momento della mia giornata ha un momento in cui rivolgo la mente alla mia terra». E mi salutò con un profondo abbraccio.