Nel documento presentato ai giudici amministrativi i Comuni di Reggio e Villa evidenziano le criticità riguardanti l’iter progettuale e la riesumazione della Stretto di Messina
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L’assenza della valutazione ambientale strategica, la mancata valutazione dell’opzione “zero” e l’illegittimità del decreto legge che riesuma la Stretto di Messina che era stata messa in liquidazione nel 2013. E ancora la violazione dei principi di concorrenza e la mancata considerazione delle faglie sismiche attive nel territorio dello Stretto. Sono quindici i punti salienti che la città metropolitana di Reggio e il Comune di Villa San Giovanni mettono nero su bianco nel ricorso al Tar del Lazio contro il via libera alla costruzione del ponte tra la Calabria e la Sicilia.
Il documento presentato dall’avvocato Daniele Granara per conto delle amministrazioni di Reggio e Villa – il ricorso sarà valutato dai giudici amministrativi tra meno di due settimane – ripercorre in una cinquantina di pagine la storia tormentata della progettazione del collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto, affondando il colpo sulle numerose criticità del progetto venute fuori durante l’esame della commissione ministeriale ai documenti e alle integrazioni presentate dalla società Stretto di Messina. A partire dalla mancata effettuazione della procedura Vas (valutazione ambientale strategica). «Il provvedimento è illegittimo – si legge nel ricorso – poiché sprovvisto del presupposto costituito dall’espletamento della Vas. L’opera infatti non può considerarsi esclusivamente un progetto, costituendo un’immane infrastruttura, che assume una veste programmatoria, derogando ai piani urbanistici vigenti dei comuni nel cui territorio insiste e, quindi, comportando la modifica della pianificazione urbanistica di tutto il territorio interessato». Il ponte poi, sostengono i Comuni, oltre a interferire sull’aspetto urbanistico del territorio inciderebbe significativamente sul traffico navale: «Il ponte è infatti previsto con altezza di 65 metri, con la conseguenza che lo stesso impedirebbe il passaggio delle navi da crociera e delle navi porta container, con incalcolabili conseguenze sulla navigazione commerciale del Mediterraneo, comportando la necessità di circumnavigare la Sicilia».
Oggetto del ricorso poi è il decreto legge con cui, nel 2023, il Consiglio dei ministri riesumava la Stretto di Messina ridando vita all’iter per la costruzione dell’opera. Un decreto – sostengono le amministrazioni di Reggio e Villa – che sarebbe illegittimo sotto diversi punti di vista: «Non si comprende – si legge nel ricorso – quale sia la necessità e l’urgenza di realizzare un’opera, che si prospetta da oltre cinquanta anni, che non è mai stata realizzata e che, per molteplici ragioni, non è obiettivamente realizzabile. Tra l’altro, anche se lo fosse, le rilevanti problematiche che la connotano, l’area vasta interessata con l’inerente concorrenza di interessi contrastanti, anche delle diverse comunità locali riguardate dalla stessa, e necessità della loro ragionevole composizione, contrastano con il ricorso alla decretazione di urgenza, inadeguata allo scopo».
Tra i motivi del ricorso poi anche il fatto che la Via sarebbe stata limitata solo alle varianti progettuali e non al progetto nella sua interezza «senza tenere conto del mutamento del contesto ambientale, come dimostra il fatto che la maggior parte degli elaborati depositati siano stati redatti tra il 2011 e il 2012 ed è stata condotta sulla base di documentazione anacronistica ed inattuale».
Il via libera al ponte poi sarebbe illegittimo «per avere concluso, in sede di Vinca, per l’assenza di significativi impatti ambientali su alcune zone Sic (sito di interesse comunitario) e Zps (zona protezione speciale), in maniera del tutto illogica, irrazionale e contraddittoria». Gli impatti dei lavori sulle zone protette sarebbero compensati dalle opere di mitigazione previste dalla Stretto di Messina: opere che però «non sono ancora state compiutamente definite, sicché la commissione non poteva escludere una significativa incidenza sulle aree di importanza comunitaria, sulla base di asserite misure mitigative, ancora da prevedersi».
E ancora i cantieri che divideranno Villa in due per tutta la durata dei lavori, la presenza di sei faglie attive identificate dall’Ispra (una delle quali nelle immediate vicinanze del pilone calabrese dell’opera) e le mancate risposte della società guidata da Ciucci su tante criticità sollevate nel corso dell’iter di autorizzazione. Come nel caso di forte Beleno «oggetto di vincolo monumentale, nei pressi del quale dovrebbe sorgere l’imponente blocco di ancoraggio dei cavi del ponte».
La battaglia a colpi di carte giudiziaria è iniziata: da una parte la Stretto di Messina e il ministro Salvini (primo sponsor del ponte), dall’altra le amministrazioni comunali di due dei comuni fortemente interessati ai lavori. E in mezzo, la fragilissima meraviglia dello Stretto.