Un viaggio attraverso la storia e la cultura calabrese a ritmo di tamburello, è il racconto tra le pagine del libro ABC del tamburello tradizionale calabrese, presentato al Museo e Parco archeologico nazionale di Locri dal percussionista Massimo Cusato. 

Un talento, quello del musicista locrese, che l’ha catapultato più volte negli Stati Uniti d’America, dove da alcuni anni tiene delle masterclass per gli studenti di università e college, come ha raccontato nel corso di un’intervista ai nostri microfoni. 

Com’è diventato il musicista di oggi Massimo Cusato?
«Con tanto studio, con molti sacrifici e soprattutto con voglia di conoscere e collaborare con altre persone. All’età di dodici anni a Locri avevo già una band e suonavo la batteria, dunque suono da più di trentacinque anni perché ne ho cinquanta. Poi dopo la scuola sono andato a Roma e ho studiato lì e vissuto lì per vent’anni.

Il tamburello è arrivato a 21 anni quando il mio insegnante all’epoca, Arnaldo Vacca, mi ha proposto ad Eugenio Bennato come suo sostituto perché lui doveva fare Sanremo e quindi sono entrato nella band di Eugenio nel 1994».

Nel 2015 invece hai iniziato un’importante collaborazione negli Stati Uniti, come è andata?
«Sì, quell’anno ho firmato un contratto con la REMO, azienda americana molto importante che costruisce pelli per batterie e strumenti a percussioni. Con loro ho progettato e lanciato sul mercato tre tamburelli: il pandurello che è una via di mezzo tra il pandeiro brasiliano e il tamburello tradizionale calabrese; il tamburello Calabria pre intonato e quello intonabile. È davvero un orgoglio per me ma è anche un orgoglio per tutti quanti noi, perché esce fuori a livello mondiale il nome della nostra terra con il tamburello Calabria». 

Sappiamo che sei tornato da poco proprio dagli Stati Uniti dove tieni delle masterclass. Com’è nata questa possibilità?
«È nata proprio dopo aver firmato con la REMO. Ho iniziato a programmare alcune masterclass perché mi è stato detto “ok adesso che abbiamo i tamburelli devi dare la tua esperienza, le tue tradizioni al popolo americano”. Quindi mi sono incamminato in questo percorso, devo dire anche molto bello, ma all’inizio non semplicissimo e oggi ancora sta andando avanti. È stata un’esperienza bellissima quella di quest’anno con tante masterclass e tanti ragazzi che hanno partecipato».

In cosa consistono queste masterclass?
«Sono incentrate alcune sul tamburello tradizionale calabrese, sulla sua storia, altre sul connubio tra il tamburello e la batteria, un connubio nato con Eugenio Bennato. Le masterclass sono rivolte sia a studenti di etnomusicologia e dunque meno tecniche sia a percussionisti e quindi più tecniche, più pratiche. È una cosa molto importante che mi dà la possibilità di approfondire un po’ la nostra storia, ciò che è stato in Calabria il tamburello, le tradizioni e le feste tradizionali. È sempre una ricerca e sono in stretto contatto con tantissimi musicisti della tradizione; questo mi fa anche scoprire ogni volta cose nuove della mia terra, della nostra terra». 

Chi sono i partecipanti delle masterclass?
«Sono gli studenti delle università o dei college: New York University, Bennington College, Hofstra University. Sono studenti prettamente americani ma ci sono anche degli europei e degli asiatici che si trovano negli Stati Uniti a studiare appunto musica o performance, questo è il target degli studenti».

Come si approcciano questi ragazzi alle tradizioni calabresi e ad uno strumento come il tamburello?
«Il tamburello non è molto conosciuto. È conosciuto il pandeiro che è il tamburello che si trova in Brasile, quest’ultimo ha avuto una crescita maggiore negli anni perché la tradizione brasiliana ha avuto un’espansione anche nel Jazz. Ma ogni volta che ci sono queste masterclass e si inizia a spiegare un po’ di tradizione, di storia e un po’ di pratica, anche loro si accorgono della potenza che ha il nostro strumento e anche della storia che ha; perché non ci dobbiamo dimenticare che anche il tamburo a cornice è uno tra gli strumenti, insieme all’arpa e al flauto, più antichi del mondo. Il tamburello poi è uno strumento molto potente se lo utilizzi bene, si sposa anche con il funk, il rhythm and blues e dunque ancora oggi ha molta espansione ed evoluzioni. Possiamo dire che ad oggi siamo davvero allo 0,1%. Io spero che chi verrà dopo di noi, dopo di me, dopo tutti i suonatori di tamburello, abbia altri mezzi e risorse per portare il nostro strumento più in alto possibile nel mondo».

Hai pubblicato un libro su questo strumento a cui sei particolarmente legato, ci racconti di cosa tratta
«Il libro ABC del tamburello tradizionale calabrese è una mia interpretazione dello stile calabrese. Io non sono un suonatore tradizionale ma ho studiato la tradizione e suono con i musicisti della tradizione. Avevo iniziato questo metodo soltanto dal punto di vista tecnico, ma dopo mi sono accorto che era fondamentale e importante parlare anche della tradizione che c’è dietro questo strumento, così come per tutti gli strumenti della nostra tradizione.

Il libro è diviso in due parti: il primo capitolo è storico ed il secondo è didattico. È un viaggio che parte dal Pollino fino all’Aspromonte e il timone è il tamburello. Ogni parte della regione poi ha le sue feste tradizionali importanti dove il tamburello con gli altri strumenti fanno da colonna sonora a queste feste».

Nel corso della tua carriera hai collezionato numerose collaborazioni con importanti artisti, cosa hanno significato per te?
«In questi anni il mio background musicale va dalla musica etnica alla musica pop, mi muovo in questo range e devo dire che amo tutti e due questi aspetti. Ho avuto la fortuna di vivere a Roma per vent’anni e di incontrare un sacco di artisti importanti. Sono stati tutti preziosi per me. Ognuno mi ha dato qualcosa di suo e io ho fatto in modo di prendere quanto più possibile. Penso ad esempio ad Eugenio Bennato, Massimo Ranieri, Paola Turci, Niccolò Fabi, Enzo Avitabile e tantissimi altri. Lavorare con questa gente ti arricchisce veramente tanto. Poi ho cercato di portare questo arricchimento nella band di cui ho fatto parte per ventidue anni: i QuartAumentata. Quindi ho cercato di dare il mio imprinting sia musicale che dal punto di vista organizzativo e logistico. Penso che chiunque abbia questa possibilità sia fortunato perché si arricchisce con il confronto con gli altri».

Che progetti hai in mente per il futuro?
«Beh, sicuramente ho in mente di continuare con le masterclass negli Stati Uniti ma anche in Europa e spero anche qui in Italia, inoltre attualmente sto scrivendo il mio secondo libro. Quello didattico è un progetto che mi piace molto, mi appaga poter trasmettere la mia esperienza tramite le presentazioni del libro e le masterclass, quindi mi auguro di continuare questo percorso».