Il primo cittadino denuncia le sue difficoltà nell'espletare il mandato amministrativo tra intimidazioni e inchieste: «Spesso nella Locride la guerra tra apparati dello Stato pone ostacoli proprio a chi tenta di opporsi all'arroganza mafiosa»
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«A otto anni dalla prima elezione è giunto il momento di riflettere sul futuro del mio paese e dell’intero comprensorio locrideo». Così esordisce, in una lettera aperta, il sindaco di Platì Rosario Sergi, decaduto e poi reinsediato in seguito alla sospensione del provvedimento di incandidabilità a suo carico.
«Negli ultimi anni – scrive - intimidazioni della criminalità e mancate risposte da parte degli inquirenti mi hanno condotto a pormi diverse questioni sull’efficienza dell’apparato politico-giudiziario locale in quanto tutte le mie denunce sono state archiviate e parallelamente due procedimenti a mio carico sono stati avviati e presumo che altri ne arriveranno (Sallusti dixit)».
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«A partire dal settembre 2016, a tre mesi dall’insediamento, avveniva la prima illecita introduzione nella mia proprietà privata da parte di ignoti – prosegue il primo cittadino - cagionandomi danno ed altre si sono susseguite fino al dicembre 2017 quando ho subito scritte ingiuriose per le vie del paese e minacce di morte davanti al cimitero. A Capodanno 2018 l’Ordine pubblico per la sicurezza voluto dall’amministrazione e dalla prefettura non veniva rispettato in quanto ignoti criminali a mano armata prendevano possesso delle pubbliche vie “costringendo” le forze dell’ordine alla resa e alla relativa fuga. Inoltre, la medesima notte, si verificava l’incendio, anch’esso denunciato, degli uliveti di proprietà dei miei genitori».
«A queste intimidazioni rimaste impunite – afferma Sergi - seguirono le dimissioni di consiglieri e assessori della mia ex maggioranza. Venuto a mancare il numero legale per poter continuare ad amministrare venne decretato lo scioglimento del Consiglio comunale che sfociò finanche alla richiesta d’incandidabilità perpetrata dal Ministero dell’Interno nei miei confronti».
«Nel 2020 – continua - vengo rieletto alla medesima carica e le intimidazioni riprendono dopo due anni di quieto vivere platiese, con furti e danneggiamenti sia a carico della mia famiglia, con l’ennesimo furto di bestiame, che a carico dell’Ente che amministro, fino a quando nel gennaio 2022 ignoti hanno dato fuoco al portone municipale. A ciò seguì l’intervento politico del Presidente della regione Roberto Occhiuto, dell’allora Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra e di tutte le figure apicali delle forze dell’ordine regionali senza però, a due anni dalla denuncia, che siano stati individuati i responsabili essendo stato archiviato tale procedimento nel novembre del 2022».
«Contestualmente all’incendio della Casa Municipale – scrive ancora Sergi - rassegnava le dimissioni dalla carica di ambasciatore del Comune di Platì Klaus Davi, quasi rassegnato e ritengo impaurito da tale atto criminale, abbandonando come aveva fatto già a San Luca il progetto di sviluppo e rinascita che tanto aveva pubblicizzato. Non solo, ma poco tempo dopo l’intimidazione, il dottor Davi presagiva una presunta inchiesta nei miei confronti che avrebbe condotto alla mia decadenza, cosa che effettivamente avvenne il 17 febbraio 2022 quando il Comando Stazione dei Carabinieri di Platì avviava tale indagine conclusasi in data 03 novembre 2022 con una perquisizione da regime paramilitare alle cinque del mattino con il solo sequestro di apparati elettronici che potevano essere, tranquillamente, richiesti alla luce del giorno, ma tale azione ha sicuramente avuto l’obiettivo di minare la credibilità del sindaco, incensurato e trattato come se fosse un pericoloso ‘ndranghetista, producendo l’effetto di indebolire la forza delle istituzioni a Platì ed esporre il primo cittadino al pubblico ludibrio, tant’è che sui social diversi pregiudicati plaudirono ai carabinieri “per aver ristabilito la legalità con la brillante operazione”».
«Tutti questi eventi, nonché un’altra recente inchiesta farsa, mi hanno condotto – aggiunge il sindaco - a riflettere su alcuni punti: sulla corretta attuazione degli articoli 104 e 109 della nostra Carta Costituzionale nel territorio locrideo, sul distorto mantenimento di uno status quo che fa progredire carriere e regredire le nostre cittadine, sulla proposta di far ruotare i comandanti delle Stazioni dei Carabinieri in relazione a dati inconfutabili dimostrabili con i casi di Platì e San Luca dove gli incarichi ultradecennali dei marescialli a capo delle Stazioni non hanno portato benefici alla società civile e non hanno sconfitto certamente la ‘ndrangheta, ma, anzi, a Platì il sindaco combatte per riuscire a concludere il suo mandato, a San Luca non sono state presentate neppure le liste e nel frattempo l’organizzazione mafiosa è ancora radicata sul territorio. Dunque, il numero degli anni di permanenza dei comandanti di Stazione su questi territori è inversamente proporzionale al numero degli anni di durata dei sindaci. Pertanto, siccome la matematica non è un’opinione, ma è un dato certo ed inconfutabile, questa certezza si riverbera negativamente sulla gestione politica dei territori».
«La lotta alla ‘ndrangheta, fenomeno indegno in una società civile e democratica, è molto difficile ed estenuante, perché la criminalità è organizzata e noi istituzioni no – continua Sergi -. Anzi, spesso qui nella Locride la lotta tra le istituzioni di questo Stato ha posto ostacoli a chi, da amministratore o cittadino, ha tentato di opporsi all’arroganza mafiosa, soffocando la nascita di una sana società civile dalla quale far emergere una classe dirigente forte. Se tutto è mafia niente è mafia diceva Sciascia, questa frase sottolinea l’importanza dell’articolo 27 della Costituzione e la necessaria distinzione tra chi lotta le mafie e chi è accondiscendente alla situazione di fatto e preferisce sparare sul mucchio con metodi approssimativi, un “All you can eat” con il quale certa magistratura insieme ad alcuni apparati deviati delle forze dell’ordine sono inclini a buttare molto spesso acqua sporca e bambino».
«Concludo questa lettera dicendo che oltre che a difendermi nelle aule di giustizia dai processi politici, politici perché è solo la Politica che può cambiare il volto e la narrazione di queste terre per come sancito dalla nostra Carta Costituzionale ispirata agli ideali repubblicani che governano la nostra nazione, auspico l’intervento di tutte le istituzioni, di tutte le forze politiche e del Csm, organo di garanzia presieduto dal Presidente della Repubblica».