Il procuratore aggiunto di Palermo, originario della provincia di Cosenza, ha partecipato a Rende a un incontro organizzato dal Rotary Club cittadino. Il togato ha anche espresso perplessità sulla separazione delle carriere
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Si è svolto a Rende, presso il Villa Fabiano Palace Hotel, l’incontro organizzato dal Rotary Club Rende, dal Rotary Club Cosenza Nord e dal Rotary Club Acri sul tema: "Magistrati: parliamone con Paolo Guido". Un appuntamento fortemente partecipato e caratterizzato da stringenti misure di sicurezza, vista la presenza del procuratore aggiunto della Dda di Palermo, noto per essere l’uomo che ha condotto le indagini culminate con la cattura di Matteo Messina Denaro.


Dopo i saluti istituzionali del governatore Eletto Dino De Marco, a prendere la parola è stata Flora Maria Ritacca, presidente del Rotary Club Rende, che ha voluto omaggiare la figura di Paolo Guido citando una delle più celebri frasi del giudice Giovanni Falcone: "La mafia è un fenomeno umano e come tale ha un inizio e una fine". Ritacca ha inoltre ricordato come Messina Denaro fosse stato condannato per l’atroce uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo.
L’intervento dell’avvocato penalista Francesco Chiaia, moderatore dell'incontro e co-segretario distrettuale, nonché amico del magistrato ospite, ha avuto il merito di introdurre con profondità il tema della separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, oggi al centro del dibattito nazionale. Chiaia, che si è espresso a favore alla riforma della Giustizia voluta dal ministro Nordio, soprattutto alla creazione di due Csm (requirente e giudicante) ha tracciato una distinzione tra giustizia e legalità, sottolineando la statura professionale e morale di Paolo Guido: «È un magistrato ragionevole, perché è una persona perbene e un lavoratore instancabile, per fortuna (ride, ndr) non ho processi contro di lui».
Nel suo intervento, Paolo Guido, cosentino d'origine e attualmente in attesa della decisione del Csm in merito alla proposta di nomina a procuratore capo di Bologna, ha voluto ringraziare i presenti: «Sono commosso dall'affetto e dalle parole. Sono un modesto servitore dello Stato, non ho fatto nulla di eroico o straordinario». Con sobrietà e rigore, Guido ha affrontato il nodo della separazione delle carriere. Pur riconoscendo che il modello è adottato in altri Stati dove «il pubblico ministero è un avvocato della polizia», ha espresso perplessità sulla sua efficacia in Italia: «Da cittadino avrei un po' di paura di un pm staccato dalla giurisdizione. Si creerebbe un quarto potere, con un doppio Csm, e questo mi preoccupa».


Guido ha poi difeso l’equilibrio attuale, ricordando che su cento richieste del pubblico ministero, circa il sessanta per cento vengono rigettate dai giudici per le indagini preliminari. «Non vedo squilibrio. Il contraddittorio è fondamentale. È una battaglia culturale, ma io non ho ancora compreso fino in fondo le ragioni della separazione delle carriere».
Chi è Paolo Guido: profilo e vita privata
Figura riservata, Paolo Guido è uomo poco incline ai riflettori. La sua unica uscita pubblica resta quella conferenza stampa, accanto al procuratore capo Maurizio De Lucia e ai vertici dell'Arma, in cui fu annunciato l’arresto di Matteo Messina Denaro. Un traguardo raggiunto dopo anni di indagini condotte con determinazione. Da quel giorno, tuttavia, la sua vita è cambiata, con inviti e conferimenti istituzionali di valore.
Originario di Cosenza, Guido ha sempre operato fuori dalla sua terra. I genitori sono nativi di Acri, ma è nel capoluogo bruzio che il magistrato ha mosso i primi passi, dividendosi tra studio e partite a pallone con gli amici. Di lui si dice che fosse, e sia ancora oggi, un centrocampista dai piedi buoni, appassionato del mare e profondamente legato ai valori familiari.
Una vocazione, quella per lo Stato, che in casa Guido affonda radici profonde. Il padre, Alfonso Guido, ha ricoperto incarichi di rilievo nella pubblica amministrazione. Fu nominato commissario per l’istituzione della Provincia di Vibo Valentia nel maggio del 1992 e, anni prima, commissario straordinario della USL n. 9 di Cosenza, incarico conferitogli a seguito dello scioglimento dell’assemblea intercomunale per inadempienze amministrative.
Una famiglia al servizio delle istituzioni. Un magistrato che con umiltà, rigore e dedizione continua a operare in silenzio, fedele a quel principio che lo guida da sempre: servire lo Stato, lontano dai riflettori e vicino ai cittadini.