La Camera dei deputati ha approvato definitivamente la legge delega sulla riforma dell’accesso alle facoltà di Medicina. Si tratta di un cambiamento epocale, fortemente voluto dal ministro dell’Università Anna Maria Bernini. Il provvedimento segna la fine del tradizionale test di ingresso per gli studenti che vogliono accedere a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. La legge prevede la delega al governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per la revisione delle modalità di accesso. La riforma entrerà in vigore dal prossimo anno accademico e cioè 2025-2026 e sarà valido esclusivamente per le università statali.

Selezioni alla fine del primo semestre

La novità più rilevante di questa legge è il cambiamento nel momento della selezione, che si realizzerà non più all’inizio del percorso accademico, ma alla fine del primo semestre quando le matricole di medicina dovranno superare un esame per poter continuare il loro cammino universitario. Quindi solo gli studenti idonei alla selezione basata su una serie di esami nel primo semestre, potranno proseguire con il secondo anno. In seguito per poter accedere agli anni successivi, sarà necessario ottenere un punteggio utile in una graduatoria nazionale unica. Tuttavia per i dettagli ed i chiarimenti bisognerà attendere i decreti attuativi.

Quindi vale la pena sottolineare come il numero programmato resta ed anzi si rafforza, con il rischio concreto di illudere tanti giovani studenti e le loro famiglie, che dopo solo sei mesi potrebbero avere amare sorprese, con conseguente la perdita di un intero anno accademico. Senza considerare il diritto allo studio e la qualità formativa, che con un enorme flusso di iscritti al primo semestre come si prevede, ne risulteranno necessariamente penalizzati. Si cercano quindi i numeri, in un’ottica populista, dimenticando che essere medici non solo è una vera e propria missione, ma questo percorso necessita di anni di studio, impegno e continuo aggiornamento.

Un nuovo imbuto formativo quindi si configura all’orizzonte con una base ancora più largo e penalizzando tutti coloro che a vario titolo contribuiscono a formare nuove generazioni di medici e professionisti, partendo proprio da ragazzi fortemente motivati, ora messi nel tritacarne dei grandi numeri, passando dagli Atenei che soprattutto al Sud non hanno spazi atti a contenere un esercito non contingentato di aspiranti camici bianchi, per finire ai docenti universitari a cui toccherà l’onere di ripetere la stessa lezione anche più volte senza instaurare con i propri studenti alcun rapporto docente-discente.