Ci sono angoli di Italia che non hanno mai trovato posto nei libri, ma dove il 25 aprile è iniziato anni prima e la Resistenza fu anticipata da una R-Esistenza. Ci sono nenie tramandate da madre in figlia dal valore storico enorme. Testimonianze dirette della guerra e delle vili azioni delle camicie nere. Se non fosse stato per una poesia, ad esempio, nessuno avrebbe mai conosciuto la storia della rivolta delle donne di Eianina, frazione di Frascineto: un piccolo paese arroccato sul massiccio del Pollino. La narrazione assume carattere epico perché i riferimenti sono contenuti nella “Rapsodia Antifascista” scritta da una donna affamata di sapere e di cultura, ma che aveva soltanto la terza elementare.

Maria Markut, iscritta al secolo Maria Miranda, una fredda mattina d’inverno del 1941 raggiunse Castrovillari con l’intenzione di protestare veementemente con il segretario comunale. Non era da sola, ma faceva parte di un nutrito gruppo di ragazze che dei fascisti ne aveva già piene le scatole. Aveva 23 anni e non esitò ad opporsi alla decisione di vendere il bosco di proprietà comunale alla ditta “Palombaro e figli” di Roma. Secondo il podestà Michele Bellusci si sarebbero ripianati i debiti che il Municipio aveva accumulato negli anni a margine, così viene raccontato, di allegre gestioni.

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Quel corteo, di sicuro non autorizzato, colpì gli abitanti del posto per due motivazioni: l’assenza di uomini e la determinazione fuori dall’ordinario con cui le manifestanti varcarono il portone del Palazzo di Città. Mariti e figli erano quasi tutti in guerra, molti dei quali spediti sul fronte greco-albanese. Un destino beffardo, perché per un arbereshe il legame con le proprie origini è qualcosa che esula dalla normale comprensione.

Fatto sta che per Maria Markut e per le altre donne che si ribellarono, quella montagna rappresentava anche l’unica fonte di sostentamento per le loro famiglie. Una volta disboscata, sarebbero state private anche di quel poco che riuscivano a ricavare dalla legna o dalle piccole coltivazioni. Insomma, laddove la fame la faceva da padrona e le scarpe erano fatte di cartone, una prospettiva del genere non si poteva sopportare. Da qui l’idea di sfidare le leggi fasciste e soprattutto il segretario Rocco Solano.

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Occuparono il Comune e all’interno di quelle mura il racconto assume i connotati di un romanzo, perché alcune di esse presero la giacca di Solano appesa al muro, gliela misero addosso e lo costrinsero ad abbandonare il suo posto di lavoro. Se i fatti siano andati effettivamente così probabilmente nessuno lo saprà mai, ma ci sono ottime possibilità che un fondo di verità esista, considerato che arrivarono i Carabinieri per disperderle. Non arretrando di un millimetro rispetto alle loro posizioni, alcune furono arrestate. Allora da Piazza Scanderbeg ebbe inizio un altro corteo, ma stavolta diretto verso la casa circondariale. E a coloro che dai balconi chiedevano incuriositi dove fossero dirette, rispondevano con orgoglio «Jamu àlli ngalèri»: andiamo in carcere.

Come finì quella storia di R-Esistenza, lo racconta Maria Markut in un paio di versi della sua “Rapsodia Antifascista”, contenuta in un volume a lei dedicato e pubblicato di recente dal comune di Frascineto grazie al lavoro della professoressa Caterina Adduci.

[…]. Po gratë u nistin gjithë një ditë
e u mbjodhëtin ndë kanxhelaritë,
u vun' e thërritëtin gjithë minditë
difënxuan malin e s'u shit.
Qaca pjotë karabunièr
Rina përvoj at’ngallerë
po ajo vate me harè
se ish bilë judhëç e dil njenjè […]

[…] Ma tutte le donne un giorno partirono
si riunirono in municipio
e iniziarono a gridare vendetta
Difesero la montagna e non fu venduta.
La piazza era piena di Carabinieri
Rina provò il carcere
ma vi andò con gioia
perché era figlia di giudice e sarebbe uscita presto […]

In lingua arbereshe sono strofe in rima e hanno una cadenza ritmata, esattamente come quei concitati momenti di 83 anni fa. Nella rapsodia emerge in modo evidente la fede in Dio, in cui viene riposta la speranza per la fine immediata della guerra, l’avversione per Mussolini e per il Re, appellati con epiteti animaleschi, e la fortissima inclinazione verso le battaglie sociali per le quali le donne di Frascineto furono in prima linea anche dopo l’avvento della Repubblica. Un pomeriggio di dieci anni dopo, ad esempio, gli uomini di Scelba spararono per reprimere una protesta: non ci furono vittime.

Maria Markut è riconosciuta e ricordata a Frascineto come poetessa popolare, cattolica praticante e militante del movimento operaio. Ha raccontato uno scorcio di Novecento toccando le corde che hanno rappresentato da un lato la colonna sonora della periferia italiana e dall’altro quella del Sud e dell’Arberia: la resistenza antifascista, la condizione degli emigranti e il forte legame con la cultura della madre patria albanese. Storie di quotidiana R-Esistenza.