I dieci anni del Coordinamento diocesano di Reggio Calabria e l’impegno dei volontari nelle parole di una donna che ha fatto del prossimo la bussola della propria vita. «I miei luoghi sono i margini dove vive l’umanità più fragile»
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«Nella mia vita ho incontrato tante persone e in questo incontro ho sperimentato la grazia della prossimità e la gioia di poter dare un aiuto, di poter vedere rinascere nei loro occhi la speranza in una vita difficile. In quegli occhi che ho incrociato e nelle mani che ho stretto tra le mie ho ritrovato sempre il Signore. Ogni giorno la mia Messa non si conclude con la benedizione ma inizia quando esco dalla chiesa. Dopo la Comunione mi sento pronta e rinnovata».
Lei si chiama Angela Bruna Mangiola, che tutti conoscono come Bruna. È fiera di portare il cognome di suo marito Nino, il grande amore della sua vita con il quale ha già superato i 50 anni di vita insieme, di cui quasi 48 di matrimonio. Bruna Mangiola è una persona che ha fatto del Prossimo, e di chi abbia avuto e abbia bisogno di un aiuto, la bussola della sua vita.
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Una mano sempre tesa
Ha 71 anni, un'energia contagiosa e ancora tanta voglia di continuare a tendere la sua mano. Il 2023 è stato l'anno in cui il coordinamento diocesano sbarchi, di cui è stata con altri spirito promotore, ha compiuto dieci anni. Il suo impegno è riconosciuto un patrimonio della comunità reggina. Al San Giorgio d'oro, già assegnatole nel 2019, e agli altri riconoscimenti si sono uniti in questo 2023 U Sciammisciu d'Oro, il premio Prometeus e il premio Vincenzo Panuccio.
«Ovviamente sono grata per l'attenzione alla mia persona ma ho sempre condiviso i riconoscimenti con tutto il gruppo di volontari senza i quali - spiega Bruna Mangiola - nulla sarebbe veramente possibile».
Un impegno che si rinnova
«Si conclude un anno in cui abbiamo continuato e sperimentare quanto sia essenziale ascoltare e rafforzare la nostra presenza ai margini, dove restano invisibili le persone sole e in difficoltà. La povertà torna a crescere nella nostra città, specie dopo l'interruzione del reddito di cittadinanza. È stato anche un altro anno di impegno al porto di Reggio dove anche quest'anno sono passati migliaia di migranti che abbiamo accolto con un sorriso, nonostante le difficoltà e i disagi. Il nostro impegno continua. Ogni anno che finisce e ogni altro che inizia scandisce solo un tempo materiale che non coincide con la fine dei bisogni che cerchiamo di lenire, anzi ci spinge a rinnovarci per proseguire. Noi ci siamo e continueremo a esserci fin quando ci sarà il bisogno di ascoltare e di accogliere», evidenzia Bruna Mangiola.
Con un gruppo di volontari, Bruna a Reggio Calabria anima anche l'help center La Casa di Lena e il centro di ascolto sanitario a casa Anawim che accolgono ogni giorno persone in difficoltà. È stata tra le promotrici di Casa di Benedetta, oggi un laboratorio di umanità dove prendono vita percorsi di messa alla prova per minori e adulti.
Gli insegnanti di Carità
«"Amate tutti coloro che incontrate sulla strada, nessuno escluso mai". Risuona ogni momento dentro di me il grande insegnamento di don Italo Calabrò. Sulle orme di straordinari maestri come lui, don Tonino Bello e suor Maria Antonietta Castellini, per me insostituibili insegnanti di carità, e insieme a tanti, tanti compagne e compagne di avventure che non riuscirei ad elencare, ho imparato tantissimo e sono cresciuta. Tutto si nutre di una Fede che sento profondamente attraversare la mia vita e dell'incontro con il Signore che io vivo tutti i giorni. Ogni mattina vado in Chiesa a ricevere la Comunione per poi uscire dalla Messa e rimettermi nelle mani del Signore, affinché guidi il mio agire. Per questo accoglienza e servizio hanno scandito la mia vita che non avrebbe potuto essere più piena, più ricca, più felice. I miei luoghi sono i margini dove vive l'umanità fragile e disorientata e dal 2013 anche il porto di Reggio Calabria, dove approdano i fratelli e le sorelle migranti, che nella loro disperazione sono una preziosa speranza di umanità», spiega Bruna Mangiola.
I fratelli e le sorelle migranti
Incontrando oggi Dio negli occhi dei tanti migranti che arrivano al porto di Reggio, Bruna è tra coloro che un decennio fa ha posato il suo sguardo senza più distoglierlo dai migranti in arrivo al porto reggino. Un'esperienza di grande impatto umano ed emotivo che è segno profondo di crescita per tutta la comunità. Lo ha sottolineato il vescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone, che lo scorso aprile ha voluto incontrare i volontari e le volontarie del coordinamento.
«Non potrò mai dimenticare il volto di una giovane madre di 23 anni che aveva visto annegare i suoi figlioletti di 4 e 5 anni. Quando è arrivata al porto, aveva la mano alzata, le sue dita indicavano “due”, le sue lacrime le rigavano il viso, i suoi occhi chiedevano aiuto. Quelle due dita, che spesso indicano vittoria ed esultanza, erano invece segno di sgomento e di un dolore inconsolabile. Mi ha abbracciata ed io ho sentito il bisogno di chiederle scusa. Ero impotente di fronte a quella perdita così assurda e tragica. Era il 2016 ma ricordo quello come uno dei momenti più dolorosi di questa esperienza al porto. Ho sentito subito il bisogno di condividere e raccontare la storia di questa giovane madre. La condivisione e la preghiera devono sempre sostenerci», racconta Bruna chiamata a testimoniare l'incontro di umanità che ogni volta avviene al porto, davanti a papa Francesco nel 2014, per i 60 anni del Masci.
Un cammino iniziato a Chorio di San Lorenzo
Operatrice pastorale e ministra straordinaria dell'Eucarestia, Bruna è entrata nel mondo scout da adulta, pur avendone fin da ragazzina interpretato i valori con le sue azioni quotidiane. Continua a seguire il fuoco sacro del servizio che le arde dentro fin da adolescente, quando nella sua Chorio di San Lorenzo, nel Reggino, ha accolto la solitudine di alcune signore che andava a trovare. Da allora è stato un crescendo. Tappa di questo crescendo anche la scelta di lasciare il lavoro di insegnante di educazione tecnica per dedicarsi agli altri e toccarne la vita in altra veste.
Ai margini per ascoltare e includere
«Tutto è iniziato a Chorio di San Lorenzo dove sono nata e cresciuta. Qui ho conosciuto don Nino Palmenta. La solitudine di molte signore e la necessità di aiutare tanti bambini con un'attività di doposcuola sono state le prime attività alle quali da ragazza mi sono dedicata. Un cammino proseguito anche a Reggio, dove mi sono trasferita dopo il mio matrimonio. Un cammino che mi ha fatto il dono dell'incontro con tante vite segnate dalla sofferenza e dal bisogno, tante persone che, molto spesso tra mille difficoltà, ho cercato di aiutare. Ricordo le famiglie venute dalla ex Jugoslavia, dilaniata dalla guerra negli anni Novanta, che qui a Reggio con la nostra vicinanza sono riuscite a trovare un po' di pace. La stessa di cui erano alla ricerca tante giovani madri. Preziosa e bellissima è stata l'esperienza con un gruppo di donne impegnate anche a trovare la loro strada lavorativa, con l'associazione Myricae. Profondo era ed è, infatti, anche lo stato di bisogno di tanti nostri concittadini. Per tanti anni sono stata impegnate nel servizio Caritas di distribuzione di decine e decine di pasti caldi alle persone che anche d'inverno dormivano per strada».
Un percorso quello di Bruna Mangiola, dunque, in cui le esperienze sono state tante e anche diverse tra loro. Tutte ai margini e con il solo scopo di ascoltare e includere. Per un decennio anche la gestione dell'attività commerciale equa e solidale, con il negozio Città del sole. In tutto questo la sua famiglia ha compiuto il cammino insieme a lei.
Il sostegno della famiglia
«La mia famiglia è sempre stata al mio fianco. Anche i miei figli Paolo e Gaetano che con la splendida moglie Manuela, che sento come una figlia, ha reso me e mio marito i nonni felici di Linda. La nostra casa sempre aperta e con tanti letti, per chi necessitasse di ospitalità. Soprattutto mio marito Nino, sempre accanto a me a sostenermi. Tutti loro hanno sempre vissuto con me la casa non come uno spazio privato ma come un luogo condiviso. Così la mia vita è stata sempre piena di amore in ogni sua dimensione e la mia famiglia sempre allargata», racconta Bruna Mangiola.
Maria e Marta, la preghiera e l'operosità
Le strade imboccate sono state tante e diverse ma il cammino è stato unico e segnato dalla Fede che le ha insegnato a pregare ma anche ad agire. «Occorre essere Maria e Marta al contempo, dunque conciliare la vita contemplativa della preghiera con la vita attiva dell'operosità. Questo umilmente cerco di fare ogni giorno che per me inizia dopo l'incontro con il Signore durante la Messa e finisce, la sera, con la gratitudine per averlo riconosciuto nelle persone che siamo stati in grado di aiutare. Non saprei immaginare alcuna azione che non sia servizio al prossimo e credo sia per questo che la mia vita non avrebbe potuto essere più piena e più ricca», così conclude Bruna Mangiola.