La responsabile nazionale dell’associazione del cibo buono, pulito e giusto ha fatto tappa anche a Nicotera dove ha incontrato i soci della Condotta vibonese. Bocciata senza appello la politica dei dazi Usa: «Misure vecchie almeno di due secoli»
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Il cibo buono, pulito, giusto e per tutti: la filosofia di Slow Food, l’associazione internazionale che si batte per un’alimentazione sostenibile, di qualità e rispettosa di processi produttivi, lavoratori e ambiente, ha ormai da anni messo solide radici anche in Calabria, dove i presìdi - e anche gli associati - crescono costantemente a fronte di nuove consapevolezze e di una sempre più attenta valutazione etica delle scelte alimentari.
Un incremento salutato con favore dalla presidente di Slow Food Italia Barbara Nappini, per due giorni in Calabria nell’ambito del tour nazionale che precede il rinnovo delle cariche ai vertici dell’organizzazione e che l’ha vista altresì impegnata a promuovere il suo libro “La natura belle delle cose” in eventi che hanno toccato Reggio Calabria e Lamezia Terme, dove è stato festeggiato anche il decimo anniversario della locale Condotta.
Il suo viaggio ha fatto tappa anche a Nicotera, patria della Dieta mediterranea, ospite della premiata azienda vinicola Casa Comerci, con i giovani vignaioli Rosa Comerci e Michele Battaglia a fare gli onori di casa, su iniziativa della condotta vibonese di Slow Food, guidata dalla presidente Giuseppina Anastasi, e alla presenza del presidente regionale Michelangelo D’Ambrosio.
Fiorentina, ex manager della moda convertitasi ad una decrescita felice all’insegna della permacultura e del cibo sano, per la prima donna presidente dell’associazione fondata da Carlo Petrini (che firma la prefazione del suo libro), la Calabria rappresenta una conferma più che una scoperta: «Che fosse un patrimonio di biodiversità e agro-biodiversità incredibili già lo sapevamo bene - ha rimarcato ai microfoni di LaC -. Abbiamo attualmente in Calabria 13 presìdi e circa 80 prodotti nell’Arca del gusto catalogati, quindi una ricchezza molto importante. Nei prossimi anni i presìdi, quindi i nostri cibi a rischio estinzione tutelati, in Calabria aumenteranno: questo è già un progetto confermato. Siamo quindi molto contenti di questo risultato e, poi, ovviamente, c’è l’accoglienza sempre calorosa del Sud».
Il suo primo quadriennio di presidenza iniziato nel 2021 volge al termine, lei si è già proposta per un secondo mandato puntando a completare l’opera di profondo cambiamento avviata all’interno dell’associazione. Com’è stato recepito, in Calabria, di solito reticente ai cambiamenti, questo suo proposito?
«In questi due giorni ho avuto notizia di un aumento dei soci oltre che della longevità e della generale condizione di “buona salute” delle nostre Condotte, ma anche di un rinnovamento in termini di età e di genere, che era uno degli obiettivi principali dei primi quattro anni di mandato della mia presidenza. Ho avuto l’impressione di una rete territoriale che ha accolto perfettamente il cambiamento che era richiesto a Slow Food. La nostra associazione in questi anni sta cambiando pelle, in parte l’ha già fatto, non è semplice, ma è necessario. Anche il mio libro è un invito al cambiamento: “La natura bella delle cose” parla proprio di questo, è un po’ il suo filo rosso, sono contenta che in Calabria questa necessità di cambiamento sia stata capita, accolta ed esercitata. C’è ancora molto da fare, ma essendo le associazioni organismi vivi, hanno necessario bisogno di evolvere, altrimenti l’alternativa è che muoiano e, dunque, sono molto soddisfatta di come la rete calabrese ha dimostrato di reagire al cambio pelle».
Il suo libro, edito da Slow Food editore, è una citazione del “De rerum natura” di Lucrezio, La natura delle cose. Che accoglienza sta ricevendo il suo lavoro in giro per l’Italia?
«È un grande onore per me poter raccontare questo libro, mi fa molto piacere poter incontrare persone che in qualche modo sono interessate a sentire cosa ho da dire e poi spesso, dopo la presentazione, vengono a parlarmi e a raccontarmi le loro esperienze personali in considerazioni a “tu per tu”. È un modo per creare occasioni di dialogo, incontro, legami con persone che magari non si aspettavano di trovare quello che emerge dal libro. Un testo che ovviamente parla di cibo ma attraversa anche risvolti drammatici, perché nel 2025 non si può parlare di cibo senza parlare anche di fame e di spreco alimentare, di inquinamento, di crisi climatica e di guerre. Ma è anche un libro “rosa”, già a partire dalla copertina, che vuole invitare tutti alla possibilità di un cambiamento. Si analizza e si denuncia tutto ciò che non va in questo sistema alimentare e in questo pianeta, ma si invita anche ad aver fiducia nelle nostre idee e nel potere delle nostre azioni di intervenire nel corso degli eventi. Che poi è anche il motivo per cui si sta in un’associazione».
In un periodo storico in cui la geopolitica influenza direttamente anche le scelte alimentari (penso alla strategia dei dazi imposti dall’amministrazione Trump) come si può provare a cambiare le cose dal basso?
«In riferimento alla politica dei dazi in particolare, la trovo obsoleta, non attuale. Tutt’altro che proiettata al futuro: è una politica da due secoli fa. Siamo in una fase di mezzo nella visione della prospettiva globale. Una “terra di nessuno”, come viene definita dagli esperti di geopolitica. Un momento di crisi in cui il vecchio modello è morente ma non è ancora pronto quello nuovo e questo ci consegna ad una grande incertezza e rischi ma anche a grandi opportunità. Io credo che anche al settore agricolo, così come alla rete calabrese e a Slow Food nel suo insieme, sia richiesto di cambiare pelle, trovando il modo di rinnovarsi non avendo paura di immaginare qualcosa di diverso, un’altra idea di mondo. E di cambiare laddove questo sistema ci costringe all’interno di percorsi che non sono più adatti, che non sono giusti, che non sono sostenibili. E provare a cambiare anche quello che ci circonda significa farlo anche in termini normativi sia nelle politiche nazionali che in quelle europee».