“Nonostante tutto”. Nonostante la criminalità, nonostante gli asfissianti i ritardi e la burocrazia che soffoca ogni aspirazione. Nonostante tutto la Calabria va avanti, fatica, ma va avanti grazie a imprenditori seri, onesti, coraggiosi. Negli Incontri silani promossi da Egidio Bevilacqua a Camigliatello ormai da 12 anni, Don Ennio Stamile ha raccontato nel suo libro “Nonostante tutto”, la storia di un coraggioso imprenditore Vibonese, Franco Cascasi, che  ha dovuto soffrire e continua a soffrire il dramma della criminalità, il silenzio e la complicità di certe istituzioni, l’omertà di parte della popolazione. A Camigliatello c’erano anche due imprenditori modello calabresi, Pietro Tarasi e Antonella Gullà, che rappresentano quelli che lottano e combattono tutti i giorni ma vanno avanti. Insistono e non si arrendono

Don Ennio ascolta il grido di aiuto di tanti, incoraggia, sostiene da sempre, come ha fatto per anni con Libera, l’associazione di Don Ciotti della quale è stato referente regionale.  Don Ennio Stamile è un prete, un combattente per la legalità. Un sacerdote coraggioso più volte minacciato dalla criminalità, per anni referente regionale di Libera, l’Associazione che lavora incessantemente contro ogni forma di mafia, attiva sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, per l'educazione alla legalità, con un forte impegno contro la corruzione. Ma si occupa anche dei campi di formazione antimafia, di progetti sul lavoro e lo sviluppo, per le attività antiusura.

Un colloquio con don Ennio davanti ad un caffè, per capire se la situazione criminalità è migliorata in Calabria rispetto agli anni passati.
«Per alcuni versi certamente sì. C’è maggiore coscienza conoscenza del fenomeno ‘ndranghetista. Grazie alla divulgazione di volumi, articoli, molte inchieste e servizi televisivi, attività nelle scuole e nella società civile».

Ovviamente Don Ennio sa che c’è ancora c’è molto da fare.
«Certamente, in ordine all’impegno civile e responsabile di tutti i cittadini a saper e dover pronunciare quei “NO” necessari a far sì che si possa finalmente porre un freno a questa malapianta, che infesta la nostra terra di Calabria da oltre un secolo e mezzo».

Ma siamo d’accordo che occorre maggiore impegno da parte di tutti.
«Si, perché è necessario sradicare soprattutto la mentalità mafiosa con i suoi subdoli e pericolosi effetti ben noti: collusioni e corruzioni, ricorso al del potente di turno (raccomandazioni varie), logica dell’appartenenza a scapito della competenza per cui tanti giovani, se pur preparati e dopo molti sacrifici, sono costretti a lasciare per motivi di lavoro la Calabria».

Eppure si avverte una certa stanchezza della cosiddetta società civile.
«Da una parte si nota stanchezza, da parte di chi è impegnato in prima persona o tramite il mondo associativo, a fronteggiare il fenomeno criminale. Dall’altra assuefazione e/o rassegnazione che sono uno dei tanti mali endemici dei calabresi condensati in una frase tipi che in dialetto suona così: “ chi ci putimu fa”». 

Le Istituzioni pubbliche calabresi non parlano mai di mafia. Come se volessero ignorare il fenomeno. Sarà forse una strategia.
«In effetti molto raramente si sente parlare di mafia da parte di alcune Istituzioni che pure dovrebbero. Spesso più che di strategia c’è un’ incapacità di pensare ed agire. Raramente si trovano nei programmi elettorali impegni e gesti concreti da attuare per contrastare quella sorta di “signoria territoriale” attraverso la quale ‘ndrangheta governa un determinato territorio».

«Qualcosa di concreto su questo punto è stata fatta. Con UniRiMI (Università della ricerca, della memoria e dell’impegno, Rossella Casini), sorta su alcuni beni confiscati al clan Mancuso di Limbadi, abbiamo promosso il patto di Limbadi per stimolare soprattutto le Amministrazioni locali ad impegnarsi su 14 punti concreti. Fino ad ora hanno aderito circa cento Amministrazioni comunali. L’obiettivo è quello di coinvolgere tutti i quattrocento quattro comuni presenti sul nostro territorio».

I santi in processione non si fermano più per gli inchini davanti le abitazioni dei capi cosche. Sembra sia cambiato qualcosa anche nella chiesa calabrese. Sebbene i ritardi siano eccessivi…
«Sì, sta cambiando gradualmente l’approccio pastorale al fenomeno. Grazie anche a dei documenti della C.E.C. molto puntuali anche se giunti con notevole ritardo».

La Calabria si svuota nell’indifferenza generale. Le aree interne sembrano case di riposo all’aperto. La Calabria sembra morire lentamente. Ma il silenzio è drammatico.
«La Calabria purtroppo non ha mai interessato a nessuno. Una regione economicamente povera, con pochi abitanti ed in politica contano soprattutto i voti e l’economia. Basti pensare che su ottanta Fondazioni Bancarie presenti in Italia, il Meridione ne fa registrare solo due. Questo dato dovrebbe preoccupare in considerazione del grave ritardo economico e occupazionale che lo stesso Meridione sperimenta da troppi decenni. Ma si avverte nella la sensazione che quella attuale sia una società governata dalle banche. La nostra Europa, ideata come democrazia ed unione di popoli sovrani, è sorta  di fatto con la nascita dell’euro, come plutocrazia».

Il PNRR ha fatto sognare l’Italia. Soprattutto il Sud e la Calabria. Miliardi a valanga, strade, autostrade, ponti e ferrovie: tutto nuovo! Ma il sogno è miseramente svanito. Come l’illusione della rinascita della Calabria. Siamo nuovamente una regione alla deriva.

«Preoccupano e non poco i fondi del PNRR destinanti ai beni confiscati ed attualmente congelati dal Ministro Fitto. Oltre trecento milioni di euro stanziati nel novembre del 2021, che penalizza e non poco quelle amministrazioni che avevano investito risorse ed ideato progetti anche approvati per valorizzare i patrimoni confiscati alle mafie. Ma al di là del dato specifico, davvero il PNRR si sta rivelando una grande occasione mancata. 

E intanto Salvini insulta don Ciotti...
«Salvini non comprende come prima della realizzazione del Ponte sullo stretto occorra investire risorse sulla viabilità e sul turismo. Per usare un eufemismo anche con il ponte, ammesso e non concesso che venga mai realizzato, i siciliani continueranno ad essere isolani e noi… isolati …»!