La Camera Penale "Fausto Gullo" di Cosenza, con sede nel Palazzo di Giustizia, ha denunciato il caso che riguarda l'avvocato Gianpiero Calabrese, intercettato dalla Squadra Mobile mentre parlava con due suoi assistiti, i fratelli Mario e Candido Perri. «Questo atto è indegno di un Paese democratico e rappresenta un grave problema per la giustizia», si legge in una nota.

L'avvocato Gianpiero Calabrese ha recentemente scoperto, grazie ad alcune segnalazioni giunte dai suoi colleghi, trascrizioni di sessioni professionali con un proprio assistito nei documenti di un procedimento penale (Recovery), commentate dalla polizia giudiziaria. «Questa pratica, per quanto inaccettabile, è ancora diffusa in alcuni ambienti della magistratura inquirente» affermano i penalisti cosentini.

In risposta a questa scoperta, l'avvocato Gianpiero Calabrese ha presentato una formale richiesta di censura agli Uffici di Procura generale e distrettuale, nonché al Capo della Polizia, inserendo i nomi dei due dirigenti: Fabio Catalano e Angelo Paduano. «L'obiettivo è sottoporre il caso a un procedimento amministrativo per una valutazione di merito», spiega la Camera Penale di Cosenza.

La Camera Penale di Cosenza sottolinea che il problema è principalmente culturale. «Una distorta concezione della Toga fa apparire l'Avvocatura come complice del delitto, anziché come tutore e custode del diritto. Questo atteggiamento è intollerabile e deve essere cambiato».

«È fondamentale che magistratura e polizia giudiziaria rispettino le prerogative del difensore. Queste non devono essere tradotte in garanzia di immunità, ma nemmeno diventare fonte di sospetto. La cultura della giurisdizione deve includere avvocati, pubblici ministeri e giudici» sottolineano. La Camera Penale ha dunque espresso solidarietà incondizionata all'avvocato Gianpiero Calabrese.