L’iniziativa, promossa dall’Amministrazione comunale di Brognaturo, ha visto la partecipazione dell’autrice di Storia di una brava ragazza in collegamento da New York, e della coordinatrice dei centri antiviolenza della Calabria Stefania Figliuzzi
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La violenza di genere è un fenomeno trasversale e globale. Non appartiene a una particolare etnia, religione o classe sociale. Ed è un fenomeno del quale, sul piano politico e culturale, non sono esenti neppure gli Stati nazionali. Quelli che, inconsapevolmente o meno, mettono in atto una forma di misogina di Stato. Come gli Stati uniti che accolgono Andrew Tate, accusato di stupro e sfruttamento della prostituzione in Romania, considerandolo una risorsa per consolidare - grazie al suo profilo X da dieci milioni di follower - il consenso di Trump e Musk tra i giovani. Un profilo dal quale Tate definisce senza mezzi termini le donne “tutte prostitute”, addossando a loro la colpa se vengono stuprate.
A sostenerlo, in un recente commento su Repubblica, è la politologa e scrittrice Arianna Farinelli, già docente della City University di New York, e autorevole editorialista del quotidiano di piazza Indipendenza e di diverse altre testate nazionali. Trasferitasi dalla periferia romana agli States nel 2000, Farinelli oggi indaga con particolare attenzione e acume la restrizione dei diritti nell’America machista e autoritaria di Trump. Che ha messo all’indice parole come donna, femmina, Lgbtq+, escludendo i progetti che le contemplano dall’accesso ai finanziamenti pubblici, e che censura le big company che adottano politiche inclusive e paritarie.
L’intervento di Farinelli, “Perché le ragazze sono ancora in pericolo”, è stato pubblicato all’indomani dei barbari femminicidi di Sara Campanella e Ilaria Sula, avvenuti a Messina e Roma. «Ancora oggi molti uomini considerano le donne oggetti sessuali, le relazioni sentimentali un modo per esercitare potere; e gelosia, anche morbosa, come segno d’amore» scrive Farinelli, che aggiunge: «negli anni ho incontrato molte donne che hanno avuto questo tipo di esperienza. La prima, in ordine di tempo, purtroppo sono io».
Un’esperienza, questa, che l’apprezzata politologa racconta in prima persona nel libro Storia di una brava ragazza, edito da Einaudi Stile libero. Un lavoro che nei giorni scorsi, poche ore prima dei tragici fatti di Messina e Roma, è stato presentato a Brognaturo, nelle Serre vibonesi, davanti a decine di ragazze e ragazzi dell’Istituto Einaudi di Serra San Bruno. L’evento ha spaziato dai temi dell’empowerment femminile agli stereotipi di genere, a come la violenza venga oggi alimentata dalla rete e da forme verbali che accentuano gli aspetti tossici dei rapporti tra i sessi e giustificano forme di prevaricazione degli uomini sulle donne. Basti pensare al concetto di “manosfera”, a neologismi come “incel” e “ipergamare”, portati recentemente alla ribalta da serie tv di successo come Adolescenze o che ricorrono negli agghiaccianti commenti social di chi esulta per l’ennesima donna ammazzata da un uomo rifiutato, incapace di accettare un “no” o la fine di una relazione. Considerandosi, nella loro visione distorta, come scrive Farinelli, «vittime di un femminismo che ha insegnato alle ragazze ad essere libere nella scelta del loro partner, e autorizzati a vendicarsi di donne che li rifiutano e li costringono a rimanere celibi».


«Sono dinamiche che esistono da sempre - ha sottolineato l’autrice in collegamento da New York - ma mentre un tempo rimanevano legate alla sfera familiare o amicale oggi esplodono in tutta la loro pericolosità grazie ai social. Esistono chat con 70mila iscritti dove gli utenti si scambiano consigli su come stuprarci e restare impuniti. Se la legge un tempo non proteggeva le donne (fino al 1996 lo stupro era considerato reato contro la morale e non contro la persona), il codice penale oggi è cambiato ma le nostre ragazze sono ancora in pericolo».
E agli aspetti legali, nel corso della mattinata all’ex convento di Brognaturo, ha fatto riferimento anche l’avvocata Stefania Figliuzzi, consigliera nazionale Dire e coordinatrice dei centri antiviolenza della Calabria, commentando l’inasprimento delle pene per i reati di violenza di genere e l’introduzione dell’ergastolo per il reato di femminicidio. «Si tratta spesso di misure spot - ha sottolineato l’esperta -, annunciate solitamente in coincidenza con il 25 novembre o l’8 marzo, ma la loro applicabilità si rivela poi problematica, e peraltro non si rivelano sufficientemente efficaci come deterrente».
«Pensate che chi decide di commettere un femminicidio si preoccupi di una condanna all’ergastolo?»: ha chiesto Figliuzzi ai ragazzi in sala, attenti e partecipi alla discussione con diverse e pertinenti domande poste anche ad Arianna Farinelli. Domande che sono arrivate dalla sindaca di Brognaturo Rossana Tassone, convinta promotrice dell’iniziativa, che si è soffermata sul ruolo degli intellettuali nell’opera di decostruzione di quei concetti sui quali si innerva il patriarcato con tutte le sue conseguenze. Aspetto non secondario quello culturale, anzi individuato come unica contromisura possibile in un’operazione epocale che richiede la partecipazione di tutte le componenti della società ma che parte, come ha rimarcato Farinelli a più riprese, prima di tutto dai singoli e dalla capacità di ciascuno di darsi valore, di autodeterminarsi, di essere «un arcobaleno che spunta dalle nuvole».