Edoardo Raspelli, “un nome, una firma, una garanzia”. No non è una nuova pubblicità, ma bensì il riassunto di una lunga intervista a Il Fatto Quotidiano sulla storia del giornalista milanese, nato a Milano nel 1949, che iniziò vent’anni dopo la sua carriera al Corriere della Sera dove si occupava di cronaca nera e dal 1975 diede vita sulle colonne della stessa testata a una rubrica “Il faccino Nero”. A dare questa dritta a Raspelli fu il direttore Cesare Lanza: «Scrivi di ristoranti e diventerai famoso». 

Oggi ha raggiunto il successo con i suoi programmi (tra i quali L’Italia che mi piace… in viaggio con Raspelli in onda anche su LaC Tv), ma il suo primo viaggio lo ha fatto in Francia in autostop: «Per una sorta di tour culinario: da Carcassonne a Parigi. Nello zaino avevo piazzato un vestito blu, una camicia bianca e la cravatta. Dormivo negli ostelli». Anni belli e vissuti fino in fondo per Raspelli che «a 22 anni sono entrato in redazione come giornalista di cronaca. Sono nella foto scattata dopo il delitto Calabresi: io lì tra i primi, e ho negli occhi Mario Calabresi in braccio a sua madre». Il giornalista spiega anche il “cambio di rotta” nel suo lavoro. «Quando usciva la guida Michelin, la comparavo con quella dell’anno precedente e raccontavo chi avevo una persa una stella, i bocciati scatenando le reazioni furibonde dei citati. Il direttore Lanza mi disse: “Da domani ti occupi pure della pagina dei ristoranti. Voglio anche i ristornati pessimi”».

Il racconto prosegue dal suo impegno sui quotidiani ai format televisivi. Un parallelismo tra due letture diverse: «Le puntate di Melaverde hanno uno share altissimo nonostante siano repliche. I programmi di cucina costano poco e rendono molto, però la critica gastronomica è morta. Nessuno racconta più i posti cattivi». Raspelli prosegue nel suo racconto e spiega i cambiamenti sostanziali avvenuti negli anni. «La ristorazione è molto migliorata», anche se «i ristoratori non vanno più a fare la spesa ma ricevono i prodotti dalle catene di distribuzione. Puntano sulla ricerca estetica, della bontà del piatto non frega nulla a nessuno».

Il racconto della convocazione della guardia di finanza per parlare della Strage della Stazione di Bologna, prima di chiudere una lunga chiacchierata entrando nel personale partendo dei piatti che preferisce, «i gamberi in crema di ceci di Fulvio Pietrangeli e il risotto alla foglia d’oro di Gualtieri» e alla domanda del giornalista Alessandro Ferrucci «le chi è?», Raspelli ha concluso: «un malinconico, depresso. Completamente ateo. Senza la speranza di vedere mia madre, mio padre e il mio fratellino che non ci sono più».