VIDEO | La giovane di Santa Maria del Cedro è nata con una mutazione genetica che le ha provocato una cardiomiopatia dilatativa. A 13 anni resta ricoverata in ospedale per un anno, poi nel 2014 entra in sala operatoria per l'intervento che le regala una nuova vita
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Nadia Servidio ha 25 anni, vive a Santa Maria del Cedro, e ha una luce accecante negli occhi, la luce di chi ama la vita e sa che ogni attimo su questa terra è un autentico miracolo, la luce di chi è stata a un passo dal punto di non ritorno ed è rinata. Nel giugno scorso, Nadia ha festeggiato i dieci anni dal trapianto di cuore che non solo l'ha salvata, ma le ha concesso la possibilità di condurre un'esistenza normale, di lavorare, fare sport, di amare e persino diventare madre. Oggi vuole raccontare la sua storia per sottolineare quanto sia importante la donazione degli organi e soprattutto per rassicurare quanti vivono l'estenuante attesa di un trapianto: «Non temete, le cose belle arrivano per tutti».
La lunga battaglia
Quando la piccola Nadia nasce, porta con sé una ventata di gioia in famiglia, che vive a Grisolia. Ma il lieto evento, purtroppo, coincide anche la scoperta della malattia. Quando ha soli tre mesi, i medici le diagnosticano una cardiomiopatia dilatativa, una patologia gravissima che compromette la funzione contrattile del ventricolo sinistro e porta alla dilatazione del miocardio, il muscolo del cuore, con tutte le conseguenze del caso.
Da bambina entra ed esce dagli ospedali, poi viene iscritta alla lista d'attesa internazionale per la ricerca di un cuore nuovo. Ma a 14 anni le sue condizioni peggiorano. Per un anno la sua casa è un letto di corsia. Non può mangiare né bere, il cuore preme sullo stomaco impedendole di trattenere gli alimenti e respirare, e la tachicardia le toglie il sonno. Per sopravvivere deve rimanere attaccata giorno e notte a delle flebo. Ogni ora che passa, Nadia è sempre più in pericolo.
Poi, un bel giorno, arriva inaspettata la lieta novella: i medici autorizzano il trapianto perché la famiglia di una sfortunata giovane ha deciso di reagire alla sua morte compiendo un estremo gesto di solidarietà e altruismo. L'operazione è lunga e difficile, ma Nadia esce dalla sala operatoria con un'altra storia da raccontare e la consapevolezza di avere avuto una seconda possibilità. «Non ho mai conosciuto la famiglia del mio donatore - ci dice Nadia -, non conosco il suo nome, ma so che era una ragazza e se oggi sono qui devo dire grazie a lei».
Il miracolo nel miracolo
Nadia ricomincia a vivere. Sotto stretto controllo medico e con le dovute precauzioni, si dedica a tutte le attività che le piacciono, fa sport, assapora i piaceri della tavola ed esce a divertirsi con gli amici. Poi, due anni fa, prova a realizzare uno dei suoi sogni più grandi: «Sentivo il bisogno di diventare madre». I medici sono titubanti, ma lei segue solo l'istinto: «Ho sospeso l'assunzione dei medicinali per un anno pur sapendo che il rischio di un rigetto dell'organo, anche dopo molti anni dal trapianto, era alto». Ma il fato premia la sua audacia.
Nadia resta incinta e porta avanti la gravidanza senza troppi problemi. «La nascita di mio figlio - dice con gli occhi lucidi - è stata una gioia troppo grande». Oggi la giovane mamma è tornata alle sue vecchie abitudini e intanto si gode quel piccolo capolavoro che ha messo al mondo, che porta con sé anche quando va al lavoro. «Per le famiglie - afferma un ultimo Nadia - perdere un proprio caro è un grande dolore, però è anche vero che donare gli organi salva altre vite». Come nel suo caso. La donazione è un atto di amore e di civiltà.