VIDEO | Lo scrittore Gioacchino Criaco è padre di una nuova letteratura di questi luoghi: «Questo territorio è quello che nell’area grecanica viene chiamato "Mana Gi", la Grande Madre. Gli riconosciamo ancora questo ruolo, anche se l’abbiamo trattato un po’ male negli ultimi anni»
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Lo scrittore Gioacchino Criaco è nato 59 anni fa ad Africo, un piccolo centro in provincia di Reggio Calabria. Figlio di pastori, alla sua gente, e alla sua terra, è profondamente legato. Dopo gli studi e una laurea in giurisprudenza a Bologna, sceglie di rinunciare alla carriera forense, percependo dentro di sé un’altra importante urgenza: quella d’essere fautore di una nuova letteratura dell’Aspromonte e dei luoghi limitrofi, data l’esigua divulgazione degli stessi. Un amore viscerale espresso attraverso la scrittura, con la quale ha saputo raccontare, con sguardo profondo e senza filtri, la complessa realtà della Calabria.
«L’Aspromonte è femmina. È quella che nell’area grecanica viene chiamata ‘Mana Gi’, la Grande Madre, quindi questa femmina, questa montagna che è lucente e non aspra, perché aspro in grecanico significa appunto lucente, bianco. La nostra montagna lucente è la madre che ha partorito tutti i calabresi che le stanno intorno. Le riconosciamo ancora questo ruolo, anche se l’abbiamo trattata un po’ male negli ultimi anni», racconta Criaco, ai microfoni di Grecanica News.
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Dopo la morte di Corrado Alvaro, infatti, molti anni sono dovuti trascorrere perché si scrivesse nuovamente di questo territorio: a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, infatti, i riflettori furono notoriamente puntati sulla montagna a causa dei fenomeni dei sequestri di persona realizzati dalla ‘ndrangheta. Ma «i luoghi non sono mai cattivi», prosegue l’autore. «A volte poche persone cattive danno una nomea falsa e ombrosa a un posto. L’Aspromonte è appunto quello: una montagna lucente, è un mondo che ama, che abbraccia con amore i propri figli».
Dopo anni di sperimentazione, Criaco ha pubblicato, nel 2008, il suo primo romanzo Anime Nere, di grande impatto socio culturale. A seguito del notevole riscontro di critica e pubblico, dalla sua opera prima è stato tratto un adattamento cinematografico omonimo, che ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui nove David di Donatello e tre Nastri d’Argento. Un successo che non ha potuto che alimentare, nell’autore, una forte speranza per l’Aspromonte. «Noi siamo convinti che possa diventare - conclude - da luogo dell’ostilità a luogo dell’accoglienza. Cova ancora questa lingua antica, che è la lingua di Omero, parlata da qualche migliaio di persone, ed è l’archetipo della nostra cultura, non quella di noi aspromontani o di noi reggini: è l’archetipo di una cultura tout court, che è la cultura meridionale, e quella di matrice greca».