Cinque sì per «invertire la rotta, per cambiare il Paese». Cinque sì perché «il voto è la nostra rivolta». È partita ufficialmente ieri in Calabria con l’assemblea delle Assemblee generali tenutasi a Lamezia Terme la campagna referendaria della Cgil Calabria per il lavoro e la cittadinanza. Ad aprire i lavori il segretario generale Gianfranco Trotta, seguito da diversi interventi fino alla conclusione della segretaria confederale Cgil nazionale Maria Grazia Gabrielli.

«La campagna referendaria per i 5 Sì - ha affermato Trotta - sia la giusta occasione per riappropriarsi del protagonismo sociale e politico dei cittadini nel decidere, con il proprio voto, il miglioramento delle condizioni delle persone rispetto a lavoro, sicurezza, dignità, cittadinanza e democrazia. Il voto referendario è un rimedio alla precarietà, alle morti sul lavoro, ai licenziamenti ingiusti, alla tutela nelle piccole imprese e al riconoscimento del diritto alla cittadinanza a persone che dovrebbero essere già italiane. I referendum rappresentano, insieme alla contrattazione, alla vertenzialità e alla mobilitazione, strumenti democratici che attraverso l’impegno collettivo rimettono al centro dell’attenzione diritti delle persone sanciti dalla Costituzione e messi in discussioni da interventi legislativi che nel tempo ne hanno inficiato l'esigibilità. Ecco perché siamo pronti a scendere in campo. Saremo nelle strade, nei luoghi di lavoro, tra la gente per spiegare l’intento dei quesiti, raccontare come sia possibile con la loro partecipazione e il loro sì, migliorare il futuro del Paese partendo dal lavoro e coinvolgendo di conseguenza anche le pensioni future».

Il segretario ha poi invitato i partiti a dire apertamente da che parte stanno e rilanciato l’impegno della Cgil per un percorso che porti all’abrogazione dell’autonomia differenziata.

L’intervento della segretaria nazionale Gabrielli

«Vogliamo un modello del lavoro diverso da quello attuale, vogliamo mettere un freno ad una progressiva liberalizzazione del lavoro che continua a renderlo sempre più flessibile e precario nel nome di una maggiore produttività. Ma così non è stato – ha affermato la segretaria nazionale Gabrielli -. La produttività non è aumentata e abbiamo avuto un impoverimento dei salari e un aumento dei part time involontari, dei contratti a termine e intermittenti rendendo i lavoratori sempre più ricattabili. È questa rotta che vogliamo invertire, questo cambiamento che vogliamo inseguire».

I cinque quesiti referendari 

La Corte Costituzionale ha ritenuto validi 5 quesiti referendari per i quali nel 2024 sono state raccolte 5 milioni di firme. Si voterà in primavera, in una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno. Di seguito i temi su cui verteranno i cinque quesiti referendari, spiegati da Cgil:

  1. Stop ai licenziamenti illegittimi. «Nelle imprese con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo».
  2. Più tutele per i lavoratori delle piccole imprese. «Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età del lavoratore».

  3. Riduzione del lavoro precario. «In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato».

  4. Più sicurezza sul lavoro. «Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro».

  5. Più integrazione con la cittadinanza italiana. «Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese».