La presentazione del suo ultimo libro "Un’agricoltura per il futuro della terra" al centro di una appassionata discussione a Cosenza
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La presentazione del libro del professor Piero Bevilacqua, davanti ad un pubblico numerosissimo, è stata l’occasione per affrontare di petto i gravi problemi che affliggono la società del terzo millennio. Bevilacqua, nato a Catanzaro, è uno studioso dei problemi sociali, culturali, ambientali, con decine di libri al suo attivo. È stato ordinario di Storia contemporanea a La Sapienza di Roma, ha insegnato negli atenei di Salerno e di Bari. Ha fondato l'Istituto meridionale di Storia e di Scienze sociali (Imes), che tuttora presiede, e la rivista Meridiana di cui è direttore. Tra le sue opere più note: "Le campagne nel Mezzogiorno tra fascismo e dopoguerra: il caso Calabria", il saggio "Breve storia dell'Italia meridionale dall'Ottocento ad oggi", i volumi su "Venezia e le acque", "Uomini e ambiente nella storia", "La mucca è savia, ragioni storiche della crisi alimentare europea", "La terra è finita. Breve storia dell'ambiente".
L’ultimo suo lavoro, "Un’agricoltura per il futuro della terra", presentato ieri alla dimora storica Giostra Vecchia di Cosenza, con Franco Laratta, Rosa Lorenzon, decine di giovani imprenditori agricoli, studiosi, tecnici e appassionati dei temi della difesa della natura, ha dato vita a un’appassionata e lunga discussione sui problemi della terra. Per il professore Bevilacqua gli attuali gravi problemi non si riducono al riscaldamento climatico, che comunque è l'aspetto più drammatico della questione, evidenziando che le risorse sono sempre più limitate e occorre pertanto sostenere nuove modalità di rapportarsi con gli equilibri del pianeta. Bevilacqua ha sottolineato come l’agricoltura industriale sia sempre più incompatibile con la sopravvivenza degli uomini sulla Terra.
Negli interventi di Franco Laratta, che ha coordinato i lavori, e di Maria Grazia Minisci, Lina Pecora, Pietro Tarasi, Marco Massarotto, Gina Bavasso, Gaetano Di Leo, Daniela Brunetti, Giovanni Fantozzi, Alessandra Vercillo, Giancarlo Statti si è provato ad immaginare e a raccontare altre modalità produttive nel settore agroalimentare: esperienze virtuose protagoniste di un nuovo modello economico. Che dovrà imporsi nel prossimo futuro, se vogliamo contribuire a salvare la terra.
Bevilacqua ha poi affermato: «La grande novità è che gli agricoltori hanno perso non solo l’indipendenza economica ma anche la propria autonomia culturale e produttiva. L’agricoltura, in questa gigantesca catena mondiale, ha perduto la sua antica libertà produttiva e deve rispondere a protocolli esterni, alle richieste del mercato internazionale».
Il discorso ha poi toccato i temi degli effetti che il consumo di suolo produce nell’alimentare il riscaldamento climatico. «Tra il 1945 e il 1975 è stata cementificata una superficie di terra coltivabile pari a quella del Regno Unito. E la tendenza pare inarrestabile. L’Italia primeggia in Europa su questo». Da qui l’analisi dei dati delle Nazioni Unite: ogni anno vengono degradati tra i 10 e i 15 milioni di suolo utile, e il 25% delle superfici della Terra risulta soggetto al processo definito genericamente di desertificazione.
In sostanza la preoccupazione è grande per il futuro della terra e delle attività umane, considerando che l’emergenza climatica era nelle previsioni da almeno 30 anni. Ma gli uomini, con i governi e le classi dirigenti, si sono dimostrati del tutto inadeguati, se non indifferenti, per la ricerca delle indispensabili soluzioni.
Gli agricoltori presenti hanno poi denunciato come la siccità e la gravissima mancanza di manodopera, qualificata e non, rischia di mettere in ginocchio l’agricoltura calabrese.