Spopolamento e invecchiamento della popolazione pesano come un macigno. I rischi per l’economia e le prospettive del sistema universitario. La scomparsa dei 18-34enni flagella tutto il Paese: i dati del rapporto 2023
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La Calabria ha perso 162mila giovani in 20 anni, quasi un terzo (per la precisione il 32,4%) dei 503mila residenti di età compresa tra 18 e 34 anni nel 2002. Ora sono poco più di 340mila. La regione si spopola e invecchia: tra le dinamiche evidenziate dall’Istat nella sua più recente fotografia demografica del Paese questa è la più inquietante.
Elemento drammatico in un dramma ancora più vasto dato dalla sommatoria di denatalità e “glaciazione demografica” che sono emergenze nazionali ormai acquisite. Sono i giovani i protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. In Calabria il dato è sconfortante: l’emorragia non si arresta e rischia, in prospettiva, di incidere in maniera pesante anche sul futuro del sistema universitario: è l’assenza di futuro tradotta in cifre.
L’ultima elaborazione offerta dalla Svimez offre numeri più che preoccupanti per il Meridione. Senza politiche attive di intervento, entro il 2041 potrebbe verificarsi un calo ulteriore del 27% degli iscritti al Sud. Questione di attrattività, ma soltanto in parte: sarà il calo demografico a colpire gli atenei meridionali. Altra proiezione pubblicata nell’ultimo rapporto dello Svimez che fotografa presente e futuro del Mezzogiorno: da qui al 2080 la popolazione a Sud del Lazio scenderà di 8 milioni di residenti: il Meridione avrà quindi quasi la metà degli abitanti di oggi. Negli ultimi venti anni, invece, i residenti in meno sono già stati 1,1 milioni.
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Nature.com offre un’elaborazione ancora più pesante. Alla riduzione del bacino di studenti potenziali si aggiunge il nuovo atteggiamento dei diplomati meridionali: sempre meno studenti passano all’università, il tasso è inferiore al 60%.
I numeri sono sconfortanti per i tre atenei calabresi: la previsione per il 2031 è di -8,3% iscritti per la Magna Graecia di Catanzaro; -7,3% di iscritti per l’Unical; -6,8% per la Mediterranea. Emorragia ancora più ampia se proiettata al 2041: -25,4% nel capoluogo; -24.3% a Cosenza; -24% a Reggio Calabria.
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Le storie delle intelligenze in fuga emergono a intervalli più o meno regolari: laureati in fuga verso carriere migliori, giovani che si allontanano dal profondo Sud alla ricerca di un lavoro dignitoso. È un esodo che non risparmia nessuno. In quasi tutte le famiglie c’è una storia da raccontare: chi è andato via dopo il diploma per studiare altrove e non è più tornato perché ha trovato una prospettiva occupazionale che in Calabria non c’era, chi si è laureato per poi trasferirsi – armi, bagagli e altissime competenze – al Nord o in Europa. Una gigantesca ipoteca sul futuro di una regione che fa ancora più fatica a emergere senza le proprie energie più giovani.
Il fenomeno, tuttavia, investe tutto il Paese: nel 2023 – evidenzia il Rapporto Istat 2023 - in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila giovani in età 18-34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%). Rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%).
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Per emigrazione giovanile negli ultimi 20 anni la Calabria con il suo 32,4% si piazza sul terzo gradino del podio. Fanno peggio soltanto Sardegna (prima con il 40,6% dei giovani in fuga) e Basilicata (32,9%). Tutto il Mezzogiorno arranca, ma i dati sono preoccupanti dappertutto. Regge, in effetti, soltanto il Trentino Alto Adige che ha una variazione, sempre negativa, inferiore al 10%. Soltanto Emilia Romagna (-13,7%), Lombardia (-17%) e Lazio (-19,6%) hanno perso meno del 20% dei loro giovani: per il testo i numeri sono drammatici.
Denatalità e ripresa dei flussi migratori sono attenuati parzialmente al Centro Nord da saldi migratori positivi e dalla maggiore fecondità dei genitori stranieri.
Gli attuali giovani hanno anche transizioni sempre più protratte verso l’età adulta: nel 2022, il 67,4% dei 18-34enni vive in famiglia (59,7 per cento nel 2002), con valori intorno al 75 per cento in Campania e Puglia. In Calabria il dato è di poco inferiore al 70%, in leggera crescita negli ultimi 20 anni. Il nodo però non riguarda tanto il ritardo dei giovani ad abbandonare il “nido”, quanto proprio la loro scomparsa da una regione sempre più senza futuro.