«Quella della carenza di asili nido e della mancata applicazione dei livelli essenziali di prestazione nei servizi di cittadinanza al Sud, rappresentano certamente alcune delle più insopportabili diseguaglianze tra cittadini del Nord e quelli del Mezzogiorno. Su questo argomento sarebbe interessante capire cosa ne pensano i candidati alla presidenza della Regione e quale impegno nei confronti della Calabria e del Mezzogiorno assumono i rispettivi partiti nazionali all'interno delle aule parlamentari». Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Uil Calabria, Santo Biondo.

«Nei mesi scorsi il già ministro Boccia e di recente l'attuale ministra Carfagna - aggiunge Biondo - hanno in tempi diversi solo fatto accenno alla questione, rispolverando vagamente l'argomento dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), senza spingersi oltre. Occhiuto, Bruni e de Magistris, soprattutto il primo dato il suo ruolo di capogruppo alla Camera, dovrebbero porre con forza sul piano nazionale la questione delle diseguaglianze di cittadinanza e provare a far rientrare con determinazione questo tema sia nell'ambito di questa contesa elettorale, sia nel rapporto politico con propri esponenti nazionali di partito. È vietato voltarsi dall'altra parte, fingendo di non capire che la questione riveste un aspetto importante per la vita dei calabresi».

«Tuttavia, quella sugli asili nido - prosegue il sindacalista - non è la sola asimmetria nazionale, utile a certificare quanto, in questi anni, il Mezzogiorno sia stato sacrificato dalla politica e dalle istituzioni di questo Paese, sul versante dei diritti di cittadinanza. La scorretta distribuzione statale della spesa pubblica in conto corrente e in conto capitale, conseguenza di una legge discriminatoria votata da tutti i partiti, la legge 42 del 2009, è altrettanto evidente se si prendono in considerazione anche altri ambiti e altri diritti di cittadinanza negati al sud, legati alla vita delle persone, solo per citare alcuni esempi: il diritto allo studio e all'istruzione, il diritto alla mobilità, il diritto alle cure sanitarie e all'autosufficienza di anziani e giovani con disabilità, il diritto abitativo. In questi 12 anni di vigenza la legge 42, meglio conosciuta come legge Calderoli, eludendo in modo scientifico la definizione e l'applicazione su tutto il territorio nazionale dei Lep, ma continuando ad utilizzare in maniera impropria, nella distribuzione della spesa pubblica in conto corrente, il criterio della spesa storica; ha di fatto sottratto risorse economiche, nell'ambito dei servizi di cittadinanza, ai territori che ne avevano e continuano ad averne più bisogno, e tra questi c'é la Calabria. Una riduzione di finanziamenti nel Mezzogiorno che in violazione al dettato Costituzionale, ha costretto in questi anni e costringe ancora oggi molti Comuni, soprattutto di piccole e medie dimensioni, a sacrificare, nell'ambito della loro programmazione di bilancio pluriennale, le politiche sociali».

«Adesso che i guasti causati dalla legge sul federalismo fiscale sono venuti fuori - dice ancora il segretario generale dell'Uil Calabria - la politica nazionale e quella locale devono intervenire, e devono farlo subito e senza tentennamenti. Le ingiustizie sociali e le sperequazioni di cittadinanza cagionate da questo provvedimento normativo, se c'è la volontà politica, potrebbero essere sanate all'interno della più ampia riforma fiscale, che il governo dovrà varare nei prossimi mesi, in risposta anche alle richieste avanzate al nostro Paese dalla Commissione europea. Le risorse che Bruxelles ha assegnato alla convergenza del Sud e della Calabria, non possono essere più considerate, come è accaduto in passato, sostitutive della spesa pubblica nazionale, ma dovranno invece ritenersi aggiuntive degli stanziamenti statali. Questo presupposto vale anche per le risorse previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per fare questo, nell'ambito dei diritti di cittadinanza, occorre che si vengano a definire i Lep, così come è indispensabile l'istituzione e il finanziamento da parte dello Stato, del Fondo perequativo nazionale, previsti peraltro entrambi dalla Costituzione».