Dopo la scomparsa del maestro dei Papi e delle Madonne i figli Peppe, Giancarlo e Monica continuano a mandare avanti con successo la tradizione orafa di famiglia nel mondo
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Spadafora e il Cinema. Una lunga storia, un rapporto sempre in crescendo. Monica Spadafora che vive in Olanda, è tornata nell’adorata Sila Grande, proprio in questi giorni. «Il tutto nasce dall’intuizione di investire a Lorica da parte di mio papà, perché in quegli anni era già la Perla della Sila. C’erano gli incontri silani con attori e cantanti che venivano da ogni parte per godere della nostra aria di montagna».
Tanti i bei nomi del cinema italiano mentre in quegli anni a Lorica erano di casa i vip della politica nazionale, da Misasi ai tanti big romani.
«Ricordo nomi come Aroldo Tieri, Giuliana Lojodice che in quegli anni erano le star del cinema italiano. Sono tutti passati dal laboratorio di papà e lui ha sempre immortalato questi momenti. Poi a partire dagli anni ‘90 sono iniziate le collaborazioni con la NIAF (National Italian American Foundation) e le partecipazioni alle Kermess di Hollywood e Washington».
Del resto il grande maestro artigiano calabrese guardava avanti, e con tanta umiltà e simpatia divenne amico di tante star. E ha incontrato perfino gli ultimi 4 papi.
«Papà è sempre stato un temerario in questo senso e la sicurezza che aveva nel confrontarsi con certi colossi del jet set internazionale gli derivava dalla maestria in quello che faceva. Ha sempre dedicato tanto tempo e devozione alla realizzazione dei suoi gioielli e questo lo faceva sentire un uomo risolto. Completo. Sicuro, che non ha mai temuto il confronto con nessuno».
Chiedere a Monica Spadafora, che è sempre stretta nella conduzione del marchio Spadafora con gli attivissimi fratelli Giuseppe e Giancarlo, quali grandi personalità del mondo del cinema ha incontrato papà Giovambattista, fa girare la testa.
«Sofia Loren, Roberto Benigni, Ernst Borgnine, Pupi Avati, Gabriele Salvadores. Ti cito quelli che ricordo a caldo».
Tante le personalità del mondo dello spettacolo o della cultura.
«Mi viene in mente Franco di Mare che aveva una stima immensa per papà, poi Osvaldo Bevilacqua che ho sentito personalmente per la morte di papà ed era sinceramente rammaricato di aver perso “il suo amico”, il maestro Spadafora. Un legame particolare anche con Roberto Giacobbo che comprò da papà l’anello di fidanzamento per la sua futura moglie da papà. Così anche Pino Daniele e tanti artisti di primissimo piano degli anni ‘80 e ‘90. Mentre Giancarlo Spadafora in questi giorni ha incontrato il figlio di Mina, Max Pani, per far avere alla celebre mamma un’ opera realizzata proprio per lei per celebrare i 65 anni di carriera».
Poi alla scomparsa del Maestro, Monica, Peppe e Giancarlo, hanno continuato nei rapporti con il cinema e soprattutto con Venezia. Un rapporto stretto quello del brand Spadafora con il festival internazionale del cinema di Venezia. Negli ultimi anni tante le stelle premiate.
«Tra gli altri Oliver Stone, Matt Dillon, Alessandro Gassman, Ricky Tognazzi, Gabriele Salvadores, Remo Girone. La passerella di Venezia è sempre una grande emozione per noi e quest’anno rincontreremo Kevin Costner che a Catanzaro ha presentato il primo capitolo della Saga Horizon, ma a Venezia presenterà il secondo ed il terzo».
Per Costner i fratelli Spadafora hanno realizzato un gioiello raffigurante la testa dei lupi. Ma perché proprio i lupi?
«Ecco una sintesi del certificato che ha accompagnato questo dono: a Kevin Costner, un'anima che ha danzato con i lupi sullo schermo e nel cuore di milioni di spettatori. Questi gemelli, nati dalla terra della Sila, sono un inno alla tua capacità di creare ponti tra culture e popoli».
Nel donarglieli è stato inoltre spiegato che i lupi sono proprio il simbolo del Parco Nazionale della Sila. C’è stato poi il dono a Tim Robbins.
«Con Tim Robbins è stato più facile. Ci siamo ispirati al capolavoro le ali della libertà in cui il riscatto da un passato burrascoso avviene attraverso la fratellanza e la solidarietà, e allora quale simbolo migliore del Draco Magnus et Rufus che celebra la vittoria della fratellanza universale sull’Apocalisse. E Gioacchino da Fiore arriva così anche ad Hollywood. Un paio di gemelli anche per lui ma con il Drago».
Spadafora in Olanda. Una intuizione di Monica. Così la cultura calabrese sbarca nei Paesi Bassi.
«Questa è la mia sfida personale. L’Olanda è un terra intellettualmente e artisticamente molto vivace. I nostri gioielli raccontano storie che vengono accolte con molto interesse. Parliamo di popoli invasori ma che ci hanno lasciato molte tradizioni e, attraverso i gioielli, riesco a far viaggiare i miei clienti nel tempo e nello spazio».
Tre fratelli, tre modi diversi di continuare una lunga e bella storia che risale al ‘700.
«Ognuno di noi si è ritagliato il proprio spazio completando il quadro generale. Teniamo sempre viva la memoria di papà che ci ispira tutti o giorni a fare meglio. Non ci viene difficile perché è l’aria che respiriamo sin da quando siamo nati».
Intanto sta continuando la storia dell’orafo dei papi e delle Madonne.
«Certamente. Papà ebbe l’intuizione di specializzarsi nell’arte sacra sin dagli anni sessanta. La stampa, ad un certo punto lo chiamò “l’orafo delle Madonne” e non erano gli anni dell’ autoreferenzialitá. C’era solo la carta stampata e il giornalista scriveva il suo pensiero. Papà era un artigiano che pensava solo a quello, al suo lavoro, non aveva la struttura di mandare comunicati stampa. Quello che si scriveva di lui era frutto del libero pensiero di terze parti. Come portare avanti un’eredità così pesante? Con umiltà e con la consapevolezza che lui resta ineguagliabile, ma le ultime opere dei miei fratelli, dal Calice per il santuario di Pompei, al giglio di Sant’Antonio di Padova e con tutte le occasioni di incontro con Papa Francesco, ci dicono che non se la cavano male per niente».