La donna ha insegnato ai ragazzi dell'Alberghiero di San Giovanni in Fiore come fare il dolce tipico di Natale: «Dovete metterci l'anima, altrimenti non verrà mai bene»
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Angela Maria, la regina della pitta ‘mpigliata. Oggi, ultra ottantenne, ha insegnato agli allievi dell’Istituto Alberghiero di San Giovanni in Fiore, i segreti della pitta ‘mpigliata. Quella antica.
Angela Maria è tornata tra i fornelli, a settant’anni dalla sua prima pitta ‘mpigliata, quando allora non c’era famiglia delle montagne silane, dei paesi interni, che a ridosso del Natale non facesse il dolce tipico di quella stagione, quello carico di storia, di significato, anche di leggenda. Quello che sa di montagna, ma sa anche di mare, perfino di arabo, essendo alcune essenze e alcune spezie lontane dalla nostra cucina.
Angela Maria, sotto la regia dell’Accademia della Pitta ‘mpigliata e dal docente di cucina professor Francesco Mazzotta, un appassionato docente dell’Istituto alberghiero di San Giovanni in Fiore, è tornata a spiegare ai ragazzi il senso vero di questo dolce, perché non si tratta solo di assemblare noci con uva passa, succhi di agrumi e miele, chiodi di garofano (originari delle isole Molucche in Indonesia) e cannella (proveniente dallo Sri Lanka), spruzzate di agrumi e altri aromi ancora. Perché fare la pitta ‘mpigliata è prima di tutto un fatto di cultura, di gesti e ritmi che si ripetono da secoli, trasmettendosi di generazione in generazione.
Angela Maria ricorda ancora oggi quando fece questo incredibile dolce per la prima volta: «Ero una ragazzina, in casa bisognava imparare a fare di tutto, ma con quel poco che avevamo, che spesso lo scambiavamo con le famiglie vicine, e noi ci aiutavano a vicenda. A me è stato insegnato a fare questo dolce, con pazienza, con molta cura, dosando alla perfezione ogni singolo ingrediente. E a questi ragazzi io voglio dire che se vogliono fare bene la pitta ‘pitta mpigliata ci devono mettere l’anima, devono farlo con amore, tanto amore e tantissima pazienza. Altrimenti non verrà mai bene».
Angela Maria dopo aver lavorato per qualche anno in un’azienda locale, si è poi dedicata alla famiglia, al papà, quindi ai suoi tre figli, infine al fratello sacerdote cappuccino al quale ha dovuto prestare ogni cura. Oggi è stata chiamata in causa dall’Accademia della pitta ‘mpigliata, con la quale collabora. Poi dal professore Mazzotta e dai cuochi dell’istituto alberghiero per donare perle di saggezza ed esperienza agli allievi. E lei stessa si è messa all’opera facendo vedere ai ragazzi il suo ritmo di lavoro lento e preciso, raccontando loro le storie e le leggende che ruotano attorno a questo curioso e straordinario dolce di Natale che ormai fa il giro del mondo, di paese in paese, tra i milioni di italiani e i tantissimi calabresi che si trovano in ogni angolo del pianeta.