Diciannove costituzioni di parte civile contro i clan di Bari: Antonio Decaro le legge una dopo l’altra. Conferenza stampa, sfogo indignato, appello alla città: quello del sindaco di Bari all’indomani dell’annuncio dell’invio da parte del Viminale della commissione d’accesso al Comune è tutto questo. Ed è soprattutto la raccolta dei frammenti di storia della città che raccontano anni di impegno contro la mafia. «Che a Bari c’è», dice il primo cittadino, «sono 14 clan e noi lo sappiamo perché li abbiamo denunciati tutti per togliergli le risorse e il territorio e guardarli in faccia nelle aule con la fascia tricolore. Qui la mafia c’è e noi non ci siamo girati dall’altra parte».

La voce è rotta dalla rabbia, i faldoni sono appoggiati sulla scrivania e sollecitano ricordi: «Non è bello entrare con la fascia in tribunale e vedere quelli del clan Parisi battere con i pugni sulle gabbie contro di te. Fa impressione, ma ci siamo seduti accanto ai pm per guardarli in faccia». E «abbiamo lottato per togliere alla mafia anche le spiagge».  

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«I commercianti non si fidavano di me – ricorda ancora il sindaco – mi dicevano: come posso fidarmi se quello che mi fa l’estorsione è un dipendente dell’Amiu? Io li ho convinti e li abbiamo fatti arrestare».

Decaro, arrivando alla conferenza stampa ha anche spiegato di essere pronto a rinunciare alla scorta «se c'è anche un solo sospetto di infiltrazione della criminalità nel Comune di Bari. Sono sotto scorta da nove anni, torno a vivere. Non posso essere sindaco antimafia e avere la commissione di accesso in Comune».

La commissione ministeriale è stata nominata dopo il recente arresto di 130 persone, nell'ambito dell'inchiesta ribattezzata "Codice interno" della Dda barese che ha svelato un presunto intreccio mafia-politica con scambio di voto alle Comunali del 2019. L'avvio del procedimento era stato sollecitato al ministro Matteo Piantedosi da una delegazione di parlamentari del centrodestra.

Decaro: «Il problema vero è il trasformismo in politica»

«Questo è un atto di legittima difesa della nostra città», ha aggiunto Decaro, accolto da un lungo applauso dei presenti, tra cui anche molti cittadini. «Il problema vero è il trasformismo, è quello che dobbiamo combattere», ha ammesso il primo cittadino dem. «E ho colpa pure io perché quelle persone arrestate, gira e gira, me le sono ritrovate in maggioranza». Decaro ha poi ricordato di avere «denunciato» persone che votavano per liste a lui collegate, perché aveva saputo che qualcuno aveva offerto loro del denaro. «Perché - ha spiegato - il voto non si compra. Qualcuno ha fatto denunce nel centrodestra? No. Con me lo ha fatto il M5s con cui abbiamo anche fatto un corteo».

«Quelli del centrodestra parlano come Savastano in Gomorra»

«Sono preoccupato per la mia città. Vedo dichiarazioni del centrodestra da giorni. Ogni giorno comunicati dei partiti regionali e nazionali. Non mi meraviglio più di niente. Anche il grande amico mio Gasparri. Come Savastano in Gomorra alcuni di loro hanno scritto andiamo a riprenderci la città. Ma la città è dei baresi, non è di nessuno, cosa volete riprendervi». Lo ha detto il sindaco di Bari, Antonio Decaro, nella conferenza stampa convocata all’indomani delle notizie giunte dal ministero dell’Interno sulla procedura della Commissione d’accesso che dovrà verificare eventuali infiltrazioni della criminalità nell’amministrazione comunale e nelle aziende municipalizzate. «C'è gente - ha aggiunto - che vuole affossare Bari perché è cresciuta, ci sono i turisti, sono aumentati i posti di lavoro. Gli dà fastidio perché ci siamo noi al potere. Che gliene frega ai parlamentari col loro stipendio se ci sono i disoccupati».

«Non ho avuto paura dei boss, figuriamoci dei parlamentari»

«Quello che state facendo alla città vi si ritorcerà contro, i baresi non perdonano chi li tradisce. Non mi hanno fatto paura i boss dei grandi clan di questa città, non ho avuto paura dei Sedicina, di Parisi, di Diomede, di Capriati figuratevi se devo avere paura di alcuni parlamentari», ha detto ancora Decaro in conferenza stampa, visibilmente commosso, ripercorrendo i dieci anni di amministrazione e le tante battaglie contro la criminalità organizzata e l'illegalità. «Noi non dobbiamo vergognarci di niente, sono i criminali che si devono vergognare», ha sottolineato.