Scalea, l’appello dell’associazione Akirè che aiuta i senzatetto: «Queste persone vanno accolte non cacciate via»
VIDEO | Angelina D'Alessandro guida il sodalizio nato con l'intento di sostenere persone in difficoltà. Di recente si è occupata di alcuni casi di senza fissa dimora scontrandosi con la mancanza di strutture di accoglienza e la diffidenza della gente
«Sono esseri umani, non dobbiamo lasciare sole le persone che non hanno più un tetto sulla testa. Mi appello al buon cuore delle istituzioni e dei cittadini: aiutiamoli». Sono le parole di Angelina D'Alessandro, biologa di Scalea nonché attivista già nota alle cronache per la sua battaglia contro l'installazione selvaggia delle antenne telefoniche sul territorio. Di recente ha fondato l'associazione Akirè per intensificare il suo impegno sociale e si è messa sulle tracce dei senzatetto dell'alto Tirreno cosentino. Spesso si tratta di persone finite in strada a causa di problemi di soldi o di salute, ma anche per via di crisi esistenziali, e non trovano la forza e la motivazione per risalire la china. A volte avrebbero solo bisogno di aiuto e una spalla su cui appoggiarsi. Per questo, dice Angelina, «queste persone vanno accolte e comprese, non cacciate via».
I ragazzi in fuga dal centro accoglienza
Quando incontriamo Angelina, in un soleggiato pomeriggio di fine ottobre, è furiosa. Qualche giorno fa è apparsa sui social una foto in cui si vedono dei vestiti messi ad asciugare a un'inferriata che recinta la stazione di Scalea. I commenti sono stati impietosi, in molti hanno invocato i controlli senza pensare a cosa si celasse dietro quel gesto, tra l'altro innocuo. Così è corsa in stazione e ha trovato quattro ragazzi, probabilmente nordafricani, spaesati e senza neppure un euro in tasca, bisognosi di aiuto e mezzi nudi. Erano scappati da un affollatissimo centro di accoglienza ed erano riusciti a salire su un treno, fermandosi poi a Scalea. Qui avevano trovato un angolo in cui dormire e avevano approfittato dei bagni pubblici per lavare i panni sporchi. Gli unici vestiti di cui disponevano. Non avevano alcuna intenzione malevola. Angelina si è assicurata che stessero bene e che avessero qualcosa da mangiare, ma quando il giorno dopo è tornata non li ha più trovati. Qualcuno l'ha informata che i ragazzi, dopo i controlli e le lamentele di molti, sono stati costretti a rimettersi su un treno e a cercare fortuna altrove. A Scalea non c'è nessun centro che possa accoglierli. «Non possiamo giudicarli per partito presto - dice - né per il colore della pelle, il cuore è uguale al nostro». Lei lo sa bene. «Molto tempo fa ho adottato un ragazzo arrivato qui sui barconi. Oggi ha un ruolo nella società, fa l'infermiere in un ospedale pubblico dopo aver vinto un concorso ed è il mio orgoglio perché rappresenta una forma di liberazione e di democrazia».
Il caso di Violetta
Poche ore dopo, Angelina si è trovata alle prese con un nuovo caso, quello di Violetta, una donna di origini straniere ma residente in Italia, finita in strada dopo una serie di sfortune. Era sola, al freddo, in preda alla disperazione, in condizioni di salute precarie e con pensieri angoscianti per la testa. La donna, che vive a Scalea da moltissimi anni e tutti la conoscono come una persona buona, aveva chiesto rifugio a preti e volontari, ma le sue richieste sono rimaste inascoltate e così si è ritrovata a dormire su una panchina. Dopo averla calmata e rassicurata, Angelina ha atteso l'arrivo di un'ambulanza e di una volante dei carabinieri. Ora Violetta ha un tetto sulla testa ed è in attesa di essere presa in carico dagli uffici dei servizi sociali di Scalea.
L'appello di Angelina
I casi dei senzatetto continuano ad aumentare, rappresentando una vera e propria piaga sociale, e Angelina non vuole voltarsi dall'altra parte. «Scalea vanta personaggi illustri, che ci hanno insegnato ad amare il prossimo. Io mi appello ai cuori sia delle istituzioni che della popolazione: non possiamo lasciare sole queste persone perché sono esseri umani. Chiedo di mostrare fratellanza. Papa Francesco sta perdendo il fiato a dire "vogliamoci bene". Le guerre nascono perché ci sono antagonismi, se ci vogliamo bene l'uno con l'altro - conclude -, finiscono anche le guerre».