L'attività è stata coordinata dall'Ateneo di Trieste. La scoperta rappresenta un significativo passo avanti verso la comprensione della vita e della biodiversità marina nelle regioni più remote del pianeta
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Un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall'Università di Trieste ha scoperto una nuova specie di gamberetto antartico, chiamata Orchomenella rinamontiae. È un crostaceo appartenente all'ordine degli anfipodi, individuato in prossimità della stazione antartica italiana Mario Zucchelli da Piero Giulianini, zoologo e professore del dipartimento di scienze della vita dell'UniTS, durante la XXXIII spedizione antartica italiana nella baia di Terra Nova. La scoperta apre nuove strade per la ricerca e rappresenta un significativo passo avanti verso la comprensione della vita e della biodiversità marina nelle regioni più remote e inospitali del pianeta per monitorare i cambiamenti globali dovuti alle attività umane.
La ricerca
«Lo scopo iniziale della ricerca - ha detto lo zoologo Giulianini - era quello di verificare le risposte di una specie di gamberetto antartico al riscaldamento dei mari. Tuttavia, dalle analisi morfologiche e genetiche è emerso che alcuni dei campioni appartenevano a una specie mai descritta prima». Si tratta di gamberetti 'spazzini', una specie endemica e dominante, che svolgono «un ruolo chiave nelle comunità marine, consumando e disperdendo cibo» ha spiegato il professore. Il monitoraggio dei gamberetti permetterà di capire «gli impatti antropici in atto su questi delicati ecosistemi».
«Nei nostri laboratori condurremo analisi per studiare come la nuova specie individuata risponda al riscaldamento degli oceani» ha concluso il docente. La scoperta è stata possibile attraverso strumenti di ricerca e analisi tecnologicamente avanzati, che potrebbero addirittura rivoluzionare il modo in cui si studiano e classificano i campioni biologici. Il nome scelto per il nuovo gamberetto è un omaggio alla zoologa Rina Monti, che nel 1907 divenne la prima donna italiana a ottenere una cattedra all'Università di Sassari. Oltre all'Università degli studi di Trieste ed Elettra sincrotrone, allo studio hanno partecipato gruppi di ricerca del Royal belgian institute of natural sciences, il museo canadese di storia naturale e le università di Cosenza e Frascati.