L’esemplare, chiamata Afrodite, nuotava a fatica attaccata ad un galleggiante di legno e ad un cerchione di bicicletta. Si trova ricoverata nel Centro di Brancaleone
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Tutti i media parlano di “allarme ambientale”, e le immagini che vediamo in tv e nei giornali non lasciano alcun dubbio alla drammatica situazione in atto. Ma averne a che fare con i propri occhi, da vicino, ogni giorno, è qualcosa che ti spezza il cuore. Da anni, al Crtm Brancaleone, spiegano i volontari, soccorriamo esemplari di tartaruga marina feriti da attività umane, principalmente pesca e inquinamento. Quest’ultimo sta diventando ormai una costante nella voce “causa dello spiaggiamento" delle nostre cartelle cliniche. Ingestione di plastica e intrappolamento in reti abbandonate sono le due principali cause di morte delle tartarughe marine da noi soccorse.
L’ultimo caso
Non fa eccezione l’ultimo esemplare di Caretta caretta soccorso nella tarda serata di ieri nei pressi di Pellaro (RC). La tartaruga, 70 cm per circa 25 kg di peso, è stata avvistata alla deriva trainarsi, ormai senza forze, un grosso e pesante galleggiante in legno e un cerchione da bicicletta, il tutto aggrovigliato in svariati metri di lenza in nylon che stringevano nella morsa entrambe le sue pinne anteriori, ormai in cancrena. Avvistata in queste condizioni da un diportista e prontamente segnalata alla Guardia Costiera di Reggio Calabria, è stata recuperata per essere trasportata a Brancalone e ricevere le prime immediate cure.
Rischia l’amputazione delle pinne
La situazione appare purtroppo disperata, in quanto le pinne rischiano la completa amputazione. E capirete bene che senza entrambe le pinne davanti non avrebbe aspettative di vita. Questo prospetto di diagnosi infausta ci lascia una tristezza infinita. Ma noi facciamo sempre tutto il possibile, e per non lasciare nulla di intentato domani la sottoporremo a una visita specialistica con il nostro chirurgo di fiducia Antonio Di Bello, che con il suo team di esperti (Sea Turtle Clinic - DVM - UniBa) valuterà in maniera approfondita le condizioni e la vascolarizzazione di quel che resta delle sue pinne anteriori. «Non sappiamo come andrà a finire la sua storia, ma Afrodite (così battezzata come la Venere di Milo, senza braccia) vorremmo che restasse nel cuore e nei ricordi di tutti come il simbolo del disastro ambientale che noi stiamo vivendo da spettatori. Lei è solo una delle decine di migliaia di tartarughe marine (e non solo) ogni anno vittime dell’uomo», concludono.