Non si è ancora nel pieno della stagione estiva che già i campi riarsi al sole invocano acqua. Per il secondo anno consecutivo i rilasci sono al di sotto dei quantitativi pattuiti e l'agricoltura ne paga il conto. La costa ionica catanzarese è particolarmente vocata alla coltivazione del pesco, o sarebbe meglio dire lo era.

Quando l'acqua veniva garantita con continuità e abbondanza erano ettari ed ettari i terreni dedicati a questa coltura: «L'agricoltura sta risentendo di questo caldo improvviso» spiega Nicola Galea, agricoltore di Sellia Marina. «È arrivato con temperature molto alte sin da subito e ne risentiamo perché l'acqua arriva con poca pressione; ci sono pochi quantitativi a nostra disposizione. Questo è sempre stato un paese vocato per la coltura del pesco ma negli ultimi anni abbiamo visto un calo drastico dei terreni coltivati proprio per questo motivo: perché l'acqua sta venendo sempre meno e quindi noi proprietari di aziende abbiamo dovuto cambiare prospettive e colture. In particolare, qui negli anni Ottanta si producevano le primizie, ossia le pesche precoci quelle di maggio. Una coltura che oggi purtroppo non si può più fare con gli stessi numeri di un tempo perché noi riceviamo l'acqua solo a fine maggio ma con quantitativi estremamente ridotti che ci inducono a non poter coltivare determinate tipologie di pesco».

Condizioni climatiche sempre più ostili, temperature roventi e acqua razionata con il contagocce sta inducendo molti a ridurre le produzioni o lasciare i campi incolti: «Le produzioni per noi che facciamo ortaggi - se ci fosse l'acqua - potrebbero essere tutte: dall'insalata alla cipolla, dai broccoli al cavolfiore e chi più ne ha più ne metta. Non le mettiamo perché non c'è acqua, non ne abbiamo proprio e per quel poco che abbiamo lavoriamo peggio del terzo mondo dovendo utilizzare cisterne o altri sistemi. Ma sono quantitativi piccolissimi che non ti fanno sopravvivere» spiega Antonio Cosentino, che nella zona di Sellia Marina produce ortaggi e in particolare cipolle: «Il 50% è andato a finire sotto il trattore perché non avendo a disposizione l'acqua sono venute piccole, categoria non commerciabile. Quindi tanto lavoro senza recuperare niente e poi ci siamo fermati perché non rischiamo di investire mettendo a dimora nuovo piantine se non abbiamo la sicurezza dell'acqua».

Si è ancora a fine giugno, il clou della stagione estiva si profila all'orizzonte ma i campi sono già riarsi dal sole per la mancanza d'acqua. All'appello mancano circa 20mila metri cubi d'acqua al giorno, gli esigui quantitativi vengono distribuiti tra gli agricoltori ma non basta. Per il secondo anno consecutivo i quantitativi rilasciati dal colosso che in Calabria gestisce gli invasi, A2A, non sono sufficienti a placare la sete dei campi: «L'acqua non è sufficiente e i risultati si sono visti perché il prodotto quest'anno non è molto grosso» aggiunge Emilio Manfredi. «Perché mancando l'acqua manca la base essenziale per tutti i processi di crescita della pianta. Noi possiamo mettere tutto quello che vogliamo ma se non abbiamo l'acqua il problema è sempre lo stesso».