VIDEO | La vita e la carriera del cameramen storico del network: sue le immagini dei reportage, le uscite camera in spalla dietro ai giornalisti, le inchieste più scomode. I segreti di una delle colonne portanti della tv
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«La passione per la fotografia nasce con me. Credo di averla avuta sin dai primissimi anni di vita, anche se non me ne rendevo conto. E le scelte umane e professionali che mi hanno portato oggi, a lavorare a LaC, in fondo, derivano da questo. Parte tutto da questa fascinazione. Ero un bambino piccolissimo, e già ero attratto dalla macchina fotografica di un mio zio giornalista. Quando non mi vedeva nessuno, di nascosto, temendo di essere sgridato, andavo in camera, ci giocavo, cercavo di capire come funzionasse, la rigiravo tra le mani per carpirne i segreti. Così, quando ad otto anni un altro zio, dall’America, mi ha riportato una Polaroid, quella scintilla che covava, è divenuta passione. Ancora oggi, quest’attrazione non mi abbandona, portandomi a amare il lavoro che faccio. Sono operatore di ripresa a Lac Tv e al Vibonese Tv, in forze ai Tg delle nostre emittenti. E devo dire che questo è un lavoro che se non ami, non riesci proprio a fare»
Dalla musica alla telecamera
Michele Porcelli si racconta, come appassionato di video e come professionista. Lui, l’uomo delle riprese, dei reportage, delle uscite camera in spalla dietro ai giornalisti per le inchieste più scomode, è una delle colonne portanti de network. «Una bella persona», ama ripetere di lui l’editore, Domenico Maduli. Il suo lavoro ha subito varie vicissitudini, ed è stato anche minacciato, in passato. Ma sa che inconvenienti del genere fanno parte del gioco. E di certo, non lo hanno mai spinto ad abbandonare la strada.
Il lavoro sul campo
«Mi piace il lavoro sul campo - racconta -. Mi piace riportare le emozioni, i volti delle persone, restituire al pubblico le sensazioni della realtà che mi circonda. Raccontare la mia terra e la mia gente. Preferisco mille volte uscire con la telecamera in spalla, piuttosto che rimanere in studio a fare le riprese per i nostri programmi. Detto questo, in una realtà come la nostra, in un’emittente tanto complessa, bisogna saper far tutto: e quindi mi occupo anche di regia, oltre che, ovviamente, del montaggio dei servizi giornalistici». Dopo aver fatto il liceo classico, con alle spalle anni di conservatorio come chitarrista e due anni di Economia e commercio, Michele, che non aveva mai abbandonato la fotografia, diventa operatore proprio per l’attrazione che le immagini continuavano ad esercitare prepotentemente su di lui.
Chitarra e fotografia
«Avevo alle spalle esperienze musicali, radiofoniche, e di video produzione. Un periodo, avevo suonato anche con Grazia Di Michele – confessa -. Ma affiancavo sempre l’attività di fotografo semiprofessionale alla musica. Così, quando un’emittente calabrese ha organizzato un corso di formazione per diventare operatore di ripresa, ho colto la palla al balzo, mi sono iscritto, e dopo qualche tempo sono entrato a lavorare con loro. Avevo 26 anni, era il 1989. Facevo il montatore RVM, ed ovviamente l’operatore. Di lì a poco, dopo varie vicissitudini, sono entrato a rete Kalabria, e qui sono rimasto, attraversando al tempo stesso sia passaggio dall’analogico al digitale, che i cambi di proprietà».
L'arrivo in Pubbliemme
«Con l’arrivo del Gruppo Pubbliemme, e la nascita del network LaC, grazie agli investimenti fatti dall’editore Maduli, questa piccola emittente, da tv a conduzione familiare, è stata trasformata in una delle realtà più avanzate da un punto di vista tecnologico del Mezzogiorno. Se ripenso all’analogico degli inizi, mi rendo conto della rivoluzione che abbiamo vissuto noi tecnici. Oggi so di essere cresciuto immensamente e di poter disporre di attrezzature ai massimi livelli: lavorare su macchine simili, ha fatto della nostra squadra un team di professionisti di prim’ordine. Qui, tra l’altro, ho avuto il piacere di ritrovare colleghi che provenivano da altre televisioni, con i quali mi ero già confrontato lavorativamente, e che sono stato ben felice di poter incontrare. Oggi, siamo un gruppo di lavoro forte, preparato, consapevole del ruolo che questa emittente ricopre, nel panorama informativo del Mezzogiorno».
Il sogno nel cassetto
«Il mio sogno? Poter proseguire con questo lavoro, ed occuparmi in modo sempre più approfondito di reportages e inchieste giornalistiche. Un giorno, vorrei riuscire a prender parte alla realizzazione di un docufilm. Aver tempo e modo di indagare a fondo aspetti ancora poco conosciuti della Calabria».