Fortunato Barrile è un pò il simbolo del nuovo corso della Pallacanestro Viola Reggio Calabria. Un club, quello nero arancio, che è rinato per l'ennesima volta dalle proprie ceneri, ripartendo insieme al 73, divenuto capitano di una compagine che ha ricominciato dall’inferno della Serie C. Una storia d’amore vero, di passione, di sacrifici lega Fofo, come lo chiamano tutti, e la Viola. Una storia che Fortunato ci ha raccontato.

Un reggino che gioca nella Viola, che tira a canestro, che sogna. Ma chi è davvero Fortunato Barrile?
«Un ragazzo normalissimo, cresciuto su questo territorio con la passione della palla a spicchi, attratto da quello che vedeva da bambino, le partite della Nuova Basket Viola, dove militavano grandissimi giocatori. Il più famoso, ovviamente, è Manuel Ginobili. È partito da ragazzino qua, poi è arrivato fino alla NBA. Sostanzialmente Fortunato Barrile ricalca un pò il sogno di questi cestisti, con il massimo dell’impegno e dell’umiltà». 

Ti senti un po' il simbolo della fede neroarancio?
«Per molti lo sono, credo di esserlo ma provo a non pensarci. Non mi sento neanche giovanissimo, a 26 anni come carriera sportiva sei nel fiore della tua carriera. Arrivare ad essere un po' al centro, magari simbolo, per molti ragazzini di quello che vuol dire approcciare questo sport, mi rende fiero, può essere uno stimolo in più. Bisogna fargli credere che c'è la possibilità di diventare qualcuno, anche partendo da Reggio Calabria». 

In un post a inizio stagione, hai chiamato a raccolta il pubblico della città. Cosa vuol dire aver vicina la gente per voi? Può contribuire a farvi fare un salto di qualità?
«È fondamentale. Questo sentimento cambia di piazza in piazza, ma Reggio vive la Pallacanestro, come tutto, con un'energia, un'enfasi e un calore diverso. Il sentimento che si può provare nel rivedere le foto di un PalaPentimele pieno, capisco che nella mente delle persone siano momenti irripetibili, ma non vuol dire che non possano riaccadere, anche con una società che ha posto le basi, a lunga durata». 

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